Luca Bonisoli racconta il suo romanzo giallo “Bad Panda – L’istinto del lupo”

Immaginate di essere nell’autunno del 1975, ed entrati in un negozio di dischi, chiedete al commesso una copia di Wish you were here, l’album appena uscito dei Pink Floyd. Vi troverete tra le mani non il solito sgargiante cartone colorato, ma un busta nera, quadrata, dello stesso tipo di plastica utilizzata per quelle della spazzatura, con sopra apposto un piccolo adesivo circolare. Tornate a casa, e dopo aver aperto un lembo della busta, estraete il disco, e mettete il vinile sul piatto, rimanendo incollati alle cuffie dalla prima all’ultima nota registrata, senza riuscire ad interromperne l’ascolto.

Pensate ora di entrare in una libreria tra qualche giorno, quando, speriamo presto, tutta questa emergenza sarà finita, e chiedete al vostro libraio di fiducia, una copia di Bad Panda – L’istinto del lupo, l’ultimo libro di Luca Bonisoli. Vi troverete tra le mani uno dei classici volumi della collana Impronte della Todaro Editore, con una piccola illustrazione orizzontale sulla copertina gialla, dove campeggia il titolo in nero. Tornate a casa, vi sedete in poltrona, e, dopo aver messo il vostro smartphone in modalità silenziosa, iniziate a sfogliare il libro, rimanendo catturati dalla prima all’ultima parola scritta, senza riuscire ad interromperne la lettura.

In entrambi i casi, come a volte accade, i capolavori non vestono l’abito della domenica.

Sì, perché bisogna dirlo senza troppi giri di parole: Bad Panda è un libro che rapisce il lettore, facendogli fare un viaggio spazio temporale, dal quale non si vorrebbe più uscire. Un po’ come un disco dei Pink Floyd.

La distanza, però, è breve: Milano, luglio 2014. In una città impastata dal caldo estivo si muove Agatino, un poliziotto di origini siciliane, trapiantato in Lombardia, sul cui cammino si palesa il corpo senza vita di una ragazza, ritrovato all’interno di un container. Un’indagine che a prima vista appare breve e lineare, si trasformerà ben presto in una spirale dalla quale sarà difficile tornare galla, e che trascinerà Agatino e i suoi compagni d’avventura, dal deep web fino alle acqua profonde e pericolose del dark web, passando per disturbi psicopatologici e business legati alla tratta di vite umane.

 

Un perfetto contenitore letterario, all’interno del quale l’indagine investigativa lascia spazio anche a temi paralleli.

Ho utilizzato la quinta narrativa gialla, racconta l’autore, Luca Bonisoli, per poter descrivere mondi sui quali volevo porre l’attenzione, e per poter affrontare delle riflessioni sulla contemporaneità che stiamo vivendo. Ritengo ci siano realtà diverse da quelle che comunemente ci si può immaginare, come quella relativa alle difficoltà legate allo svolgere un’indagine, e altre, invece, sotterranee, come il deep web e il dark web, delle quali molti non ne conoscono neanche l’esistenza.

 

E per farlo utilizza pochi personaggi dai tratti veri.

Tutti i personaggi descritti nel libro hanno il loro doppelganger reale: i loro pregi e i loro difetti sono gli stessi di persone che ho avuto l’opportunità di conoscere nella mia vita, e con alcune delle quali ho ancora un legame. Questo mi ha permesso di affrontare con piena consapevolezza questioni alle quali tenevo, e che volevo facessero parte di questa storia.

 

Un aspetto, quello della conoscenza dei personaggi e delle vicende, che mostra la sincerità di una narrazione che vuole aprire un sipario, accendere una luce nella mente del lettore, rinunciando a ricorrere ad inutili e artefatti effetti speciali, senza però mancare di originalità e di coinvolgimento. Merito di alcuni innesti letterari, posti con grande lucidità, come le problematiche psicologiche del protagonista.

Una patologia, quella di Agatino, che è stata per me oggetto di studi e di confronti anche con esperti del settore, perché volevo che fosse realistica, senza mai perdere il contatto con gli aspetti caratterizzanti all’interno della scienza medica. Il disturbo legato all’allucinazione zooptica è l’elemento che può alterare gli equilibri: mi ha sempre interessato vedere cosa possa accadere quando l’astronave di un alieno atterra nel giardino della tua casa, e la tranquillità tua, della tua famiglia, del tuo quartiere, della tua città, cambiano in funzione di questo evento. Per me l’alieno che atterra nel giardino è la psicopatologia non conclamata, perché altrimenti non potrebbe più fare quel mestieri lì, che colpisce un poliziotto. Che succede se ad un ufficiale di polizia, con una competenza tecnica derivante dalla sua appartenenza alle forze speciali in giovane età, e una formata intelligenza investigata, metti dentro questa variabile? Noi diamo per scontato che questi nostri operatori dell’estremo siano sempre eroici, immortali, ma in realtà sono persone normalissime, con le proprie fragilità, i propri timori, le proprie paure, che però compiono atti di eroismo costante e continuo, mettendo a repentaglio la loro vita. Sono quelle le persone che a me interessa descrivere e sulle quali voglio porre l’attenzione.

 

 

Un’attenzione che però non interessa solo le tematiche ma anche i termini con le quali queste sono state trattate: lo stile di Bonisoli, infatti, risulta essere diretto, originale, ricercato, con un ritmo che accompagna senza pause il lettore dalla prima all’ultima pagina.

La ricerca delle parole è stata lunga e faticosa. Il lavoro di editing, ri-editing, ri-ri-editing non è stato semplicissimo. Ho impiegato quattro mesi a scrivere il libro e, poi, quasi un anno a renderlo nella versione definitiva: uno sgrossamento collettivo per cercare di sistemare ogni singolo aspetto ambientale e caratteriale, perché ci fosse coerenza e sobrietà narrativa. È stata un’operazione nella quale sono andato a togliere più che aggiungere, perché credo nell’idea del less is more, e quindi nel ridurre il più possibile la quantità di parole per poter descrivere qualcosa. Mi interessava, inoltre, che si arrivasse alla fine del libro senza doversi soffermare a soppesare delle parti dello stesso, ma con l’esigenza di voler arrivare fino in fondo.

 

E quella che si trova all’interno di Bad Panda è una narrazione culturalmente di spessore, figlia di letture e punti di riferimento letterari di prim’ordine.

Tutta la mia scrittura, non solo Bad Panda, perché io scrivo da molto più tempo e ho scritto anche molto altro, è influenzata fondamentalmente da due autori sopra ogni altro: Herman Melville e Frank Herbert, due autori che ritengo assolutamente insuperabili per il loro modo di concepire la letteratura, con due punti di vista differenti, dati, tra l’altro, dall’esser vissuti in due secoli diversi. Herbert, ad esempio, utilizza la fantascienza, e non il giallo come nel mio caso, come quinta narrativa per andare ad esplorare ciò che a lui interessava, ovvero le dinamiche sociali, l’aspetto antropologico delle comunità che arrivano in contatto le une con le altre, con culture, religioni, colori diversi. A questi due maestri assoluti aggiungo delle influenze di Cormac McCarthy, soprattutto per la sua capacità sopraffina nella costruzione dei dialoghi.

 

Si trovano, così, oltre a profonde riflessioni ontologiche dei personaggi, approfondimenti storici e culturali, anche costruzioni sintattiche ricercate, che modulano il ritmo narrativo secondo precisi schemi imposti dall’autore: è il caso, ad esempio, di un passaggio nel quale Bonisoli muove alla perfezione i piani temporali della narrazione, per creare un ouroborus letterario, proprio mentre Agatino ascolta in auto Shine on you crazy diamond, prima traccia, guarda caso, proprio dell’album Wish you were here dei Pink Floyd.

 

Col finestrino aperto viaggiava tranquillo sulla tangenziale est, deserta; dalla radio sintonizzata a caso, i Pink Floyd rallentavano le frequenze e ipnotizzavano Agatino che, mentre assaporava l’aria fresca dell’alba, si ritrovò a viaggiare nei ricordi di una vita. Con l’anima totalmente assente, sorrise ripensando a quando gli raccontarono che, negli anni Settanta, nei manicomi e nei reparti psichiatrici veniva vietata la diffusione della musica dei Pink Floyd. E avevano ragione, pensò con un brivido di gioia nella schiena. Le immagini, i pensieri, si susseguivano al ritmo rallentato di Mason e galleggiavano sui lamenti della chitarra di Gilmour mentre la strada deserta s’incurvava e si raddrizzava sotto di lui: Shine on you crazy diamond, colonna sonora adeguata.

 

Ma, oltre alla musica, c’è anche un’altra grande passione dell’autore: il rugby, che rimane ben presente su tutto lo sfondo della storia, senza mai invadere il piano narrativo principale, ma impreziosendolo con quello, che per Bonisoli, è molto più di uno sport.

Il rugby ha un’importanza fondamentale nella mia vita, essendo stato io giocatore, allenatore e anche dirigente della mia squadra. Il rugby mi ha permesso di conoscere intimamente persone che poi sono entrate direttamente all’interno del libro. Credo sia uno dei pochissimi sport nei quali in campo non ci si possa nascondere: non si può far finta di giocare, non si può restare ai margini della battaglia. Ed è un modo per capire se si è fatti, o meno, per quel mondo. È come un grande setaccio, e quello che rimane, non solo sportivamente parlando, è un gruppo di persone con le quali ho condiviso momenti importanti della mia vita.

 

Bad Panda – L’istinto del lupo, è un romanzo che ogni appassionato di letteratura noir dovrebbe affrontare, per poterne apprezzare la trama, la narrazione, la sincerità, la tridimensionalità di una vicenda, che fa da custodia a tutte le interessanti tematiche, perfettamente trattate da Luca Bonisoli. In attesa di poter leggere il secondo capitolo delle vicende dell’ispettore Agatino.