“Le favole non dicono ai bambini che i draghi non esistono, perché i bambini lo sanno già. Le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti”, diceva Gilbert Chesterton, scrittore britannico vissuto tra la fine del 1800 e l’inizio del secolo scorso.
Le favole, quindi, sono uno strumento importante per parlare ai bambini e aiutarli a scoprire il mondo che li circonda.
Nei secoli, però, queste hanno spesso cambiato forma, senza però cambiare la loro finalità e la loro funzione verso i più piccoli.
E quella proposta da Gianluca Serratore è forse un’ulteriore rappresentazione della fiaba, mutata nella veste ma non nella sostanza: perché, in Favola blues surreale in Do Maggiore, il cantastoriedisegnate, come ama definirsi lui stesso, fonde favola e fumetto per arrivare a parlare di qualcosa di immensamente grande e complesso come l’Amore, prima ancora che ai bambini, a tutti quegli adulti, che ancora in tarda età confondono l’egoismo e il bisogno di possesso con l’Amore.
Ed è forse qui la vera rivoluzione attuata dall’autore: utilizzare lo strumento che per antonomasia è diretto ai più piccoli e riformularlo perché possa avere la stessa potenza comunicativa anche con chi, ormai, bambino non lo è più, provando a scavare negli strati sedimentati del loro cuore.
Per farlo, Serratore, utilizza Zeto, il personaggio attraverso il quale è solito veicolare la narrazione delle proprie storie: anche in Favola blues surreale in Do Maggiore, il pagliaccio di strada è il protagonista della vicenda, che lo vede dover fare i conti con il suo desiderio di innamorarsi e di amare.
Ma dove finisce la voglia di donarsi all’altro e dove inizia il bisogno di amare per appagare sé stessi?
È da questa domanda che si snoda la storia, con la “voce narrante” di un personaggio dalle fattezze di Charlie Chaplin, che racconta ad un bambino, rassomigliante a Il monello dell’omonimo film, la storia di Zeto e dei suoi dubbi sull’amore.
È interessante notare come i disegni e i dialoghi del fumetto di Gianluca Serratore riescano non solo a coinvolgere il lettore lungo tutte le tavole che compongono l’opera, ma vadano a segnare un tracciato narrativo lontano da tutti i cliché e i luoghi comuni, che, trattando un tema inflazionato come quello dell’amore, si potrebbe rischiare di incontrare.
Ecco, quindi, che la vicenda del pagliaccio antieroe Zeto, conduce il lettore verso una serie di quesiti riguardo l’universo affettivo, ad ognuno dei quali l’autore prova a dare una chiave di soluzione: e se il destinatario del racconto è un bambino, ovvero Il monello che ascolta la narrazione di Chaplin, il fruitore ideale dell’opera, come detto, non è necessariamente un lettore dalla giovane età, anzi, ma chiunque voglia tornare a riflettere su una delle grandi meraviglie della nostra esistenza.
E, perché no, tornare per un attimo anche bambino.