Oggi si sarebbe dovuta correre la diciannovesima tappa del Giro d’Italia 2020, da Pinzolo a Laghi di Cancano, la più lunga della centotreesima edizione con i suoi 251 chilometri, e anche una delle più impegnative, con ben quattro gran premi della montagna sopra i 1500 metri, tra cui il Passo dello Stelvio a ben 2758 metri d’altezza.
Ma l’emergenza legata alla diffusione del COVID-19 ha fatto sì che tutto venisse rimandato, per ora, ad ottobre, e si dovrà quindi attendere ancora qualche mese per vedere il Gruppo, con le sue maglie colorate, attraversare la penisola italiana.
Senza le lunghe dirette televisive a raccontare scatti, fughe e tentativi di recupero in classifica generale, quale miglior occasione per approcciare ad una lettura ciclistica, che possa riempire i pomeriggi di storie di ruote e pedali?
In realtà, per essere ancor più precisi, storie di borracce. Sì, perché il collettivo Bidon ha scritto Acqua passata – Vita, storie e miracoli delle borracce del ciclismo, edito da People, un libro interamente incentrato sulla figura di questo fondamentale elemento.
Se ci fermassimo per un istante a pensare alla borraccia, vedremmo come in quell’oggetto si siano nei decenni incontrate e fuse esigenze, studi, opportunità. Il piccolo barattolo di plastica, infatti, nato per dare la possibilità di dissetarsi ai corridori durante le corse, si è lentamente trasformato: la necessità di avere un peso sempre più leggero, così come avvenuto negli anni con gli altri componenti che formano la bici, ha fatto sì che venissero sperimentati materiali che potessero renderla meno pesante, rispettando però le proprietà inodori e insapori dell’acqua che sarebbero andate a contenere. Ma anche l’ergonomia, perché potesse essere semplice prelevarla e tenerla in una mano.
Questo, però, può rappresentare un piccolo paradosso, perché il ciclista professionista, ovvero l’utente per il quale tutto ciò è stato progettato e perfezionato, è colui che tiene in mano la borraccia per il minor tempo.
I ciclisti che possono vestire la maglia iridata sono pochissimi, appena una manciata ogni stagione. Tutti però hanno frequentemente un arco da tratteggiare, attraverso un lancio che varia a seconda delle dinamiche di corsa o delle scelte personali: quello con cui si liberano per l’ultima volta di una borraccia usata. Con precisione balistica, ogni corridore deve indovinare le mani che raccoglieranno la borraccia o, anche solo approssimativamente, l’area dove si assembrano i tifosi. In alcuni casi il ciclista deve addirittura pensare al futuro, immaginando qualcuno che ora non c’è ma che quella borraccia passerà presto a raccoglierla. Perché nel ciclismo ogni arco tende ad avere un punto di partenza e un punto di arrivo, e ciò che si vede in corsa è solo una parte di tale arco.
Ma la borraccia non è solo tecnologia, servizio: è anche, e soprattutto, storia.
Attorno a questo oggetto, infatti, sono ruotati, e continuano a girare, episodi che hanno segnato la storia del ciclismo: basti pensare alla celeberrima foto tra Coppia e Bartali che si passano la borraccia, senza sapere chi sia stato ad andare in soccorso dell’altro, o al bellissimo gesto di Francisco Ventoso che, proprio durante il Giro d’Italia dello scorso anno, dopo esser stato raggiunto da Vincenzo Nibali alla rincorsa di minuti preziosi per recuperare il gap in classifica dalla maglia rosa, ha dato la sua ultima borraccia al corridore siciliano, nella speranza di poterlo aiutare nella sua impresa. E proprio l’immagine di Nibali e Ventoso, due ciclisti di due squadre diverse uniti da quella borraccia, è diventata la copertina di Acqua passata.
Ma non è solo quell’episodio dell’ultimo Giro ad esser presente all’interno del libro: Filippo Cauz e Leonardo Piccione hanno intervistato ventidue dei corridori che hanno preso parte alla passata edizione della corsa rosa, uno per ogni squadra, firmando quello che può essere considerato il cuore del volume, ovvero le Interviste Abborracciate. Ci piace sottolineare come questo nome sia stato suggerito da Gianni Mura, grandissimo giornalista e appassionato di ciclismo, scomparso il 20 marzo scorso.
In Interviste Abborracciate si incrociano le storie di tanti gregari, di coloro che sono incaricati a tornare alle ammiraglie per recuperare quante più borracce possibili, per poi distribuirle ai compagni in gruppo: un gesto che racchiude non solo un grande spirito di servizio nei confronti della propria squadra, ma anche un immenso sforzo fisico, quando le condizioni atmosferiche rendono difficoltoso coprire il tragitto tra la pancia del plotone e le macchine al seguito della corsa.
Si va da Luca Covilli, il più giovane italiano a prendere parte alla 102° edizione del Giro, a Sho Hatsuyama, ultimo corridore in classifica generale al termine della tappa conclusiva di Verona, a più di sei ore dal vincitore, passando per la curiosa storia di Manuele Boaro, che passò professionista per la squadra della borraccia che raccolse sua madre, quando il Giro passò davanti casa sua durante il suo ultimo anno da dilettante. Quasi che in quella borraccia ci fosse scritta la sua storia.
E Acqua passata del collettivo Bidon è una pregevole raccolta di di tante storie legate a quel piccolo oggetto, tanto necessario per il ristoro dei ciclisti, quanto prezioso per il tifoso che riuscirà a raccoglierla a bordo strada.