Letteratura e profezia: quando un libro predice il futuro

La cronaca delle ultime settimane è stata monopolizzata dalla questione Coronavirus, che ha letteralmente catturato l’intera attenzione dell’opinione pubblica.

E tra le centinaia di articoli che hanno affollato i quotidiani e le homepage dei siti d’informazione, qualche giorno fa è arrivato all’attenzione dei mass media, di come il virus, partito dalla Cina, fosse stato profetizzato nel lontano 1981, tra le righe di un libro.

Si tratta di “The eyes of darkness” di Dean Koontz, pubblicato negli Stati Uniti quasi quarant’anni fa. Nel testo si legge:

Uno scienziato cinese di nome Li Chen fuggì negli Stati Uniti, portando una copia del dischetto dell’arma biologica cinese più importante e pericolosa del decennio. La chiamano Wuhan-400 perché è stata sviluppata nei loro laboratori di RDNA vicino alla città di Wuhan ed era il quattrocentesimo ceppo vitale di microorganismi creato presso quel centro”.

Ad amplificare il senso di premonizione, poi, c’è un altro passaggio, ancor più inquietante:

Intorno al 2020 una grave polmonite si diffonderà in tutto il mondo, in grado di resistere a tutte le cure conosciute”.

Sull’onda del momento, Fanucci Editore ha deciso di pubblicarlo in Italia, a partire dal 13 marzo, con il titolo di “Abisso – Coronavirus il romanzo delle profezia”: una scelta editoriale come in una corsa contro il tempo, per essere i primi ad accaparrarsi un’opera ancora inedita nel nostro Paese.

Ma quello di Koontz non è certo il primo caso di premonizione: nella storia della letteratura moderna, infatti, si possono trovare molti casi nei quali un autore ha preannunciato, anche con decenni di anticipo, eventi, situazioni od oggetti che sarebbero divenuti realtà molto tempo dopo.

Uno dei padri fondatori del genere fantascientifico, Isaac Asimov, durante la sua prolifica carriera di scrittore, ha più volte “profetizzato” alcuni elementi, all’epoca assolutamente frutto della propria fantasia, ma che oggi sono parte integrante della nostra quotidianità: i dispositivi elettronici senza fili, con batterie di lunga durata, o i telefoni portatili da mettere nelle proprie tasche, con schermi dove poter vedere foto o leggere libri e documenti. E questi sono solo alcuni esempi che si potrebbero trarre dalla produzione di Asimov.

Un altro autore che ha anticipato tra le sue righe qualcosa che sarebbe stato inventato molti anni dopo, è H.G. Wells, che nel 1914, ne “La liberazione del mondo” scrisse della bomba atomica, che sarebbe divenuta tristemente realtà solo nel 1945, e nel 1923, in “Uomini come dei”, anticipò di più di cinquant’anni l’invenzione della segreteria telefonica.

Ma se predire l’ideazione di un oggetto possa essere un esercizio di fantasia, anche non così eclatante, ben diverso è, come nel caso di Koontz, premonire un evento, dandone anche un’indicazione temporale ben precisa: è il caso, ad esempio, di “Tempo di mostri, fiume di dolore” di James Kahn, pubblicato in Italia il 26 dicembre 1982, come uscita numero 934 della collana Urania.

Nel libro, esattamente a pagina 77, lo scrittore americano fa pronunciare ad uno dei personaggi la seguente frase:

Come vi ho già detto, io sono nata nel millenovecentoottantasei, l’anno in cui la Centrale Atomica di Oceanspring esplose e distrusse un grosso tratto del New England, per non parlare delle malattie dovute alle radiazioni, alle ustioni e alle malformazioni”.

Con quattro anni di anticipo, Kahn predisse l’esplosione di una centrale nucleare, che avvenne realmente proprio nel 1986, e che, com’è noto, interessò non solo la cittadina di Cernobyl, ma gran parte dell’Europa.

Non per questo, però, si deve ritenere la fantascienza, come forma di letteratura, una profezia: essa è, infatti, una proiezione appassionata dell’oggi su di un avvenire mitico. Una proiezione dalla quale possono scaturire, talvolta, analogie inquietanti con la storia futura.