Il grande giorno è arrivato.
Quel 9 settembre cerchiato in rosso sul calendario già molte settimane fa è iniziato, e tra poche ore sapremo chi si aggiudicherà la seconda edizione del Premio Letterario Sportivo Invictus.
Se mi volto indietro sembra sia passato un attimo dal 27 maggio, quando la Giuria del Premio annunciò i cinque titoli finalisti: poco più di tre mesi e mezzo nei quali, come Grande Lettore, ho avuto l’onore e il piacere di confrontarmi con cinque titoli di altissimo livello.
Può sembrare banale, ma tutti i cinque libri finalisti meriterebbero, ciascuno per una caratteristica che lo rende unico rispetto agli altri, di aggiudicarsi il primo posto.
Sì, perché non si tratta soltanto di opere che eccellono dal punto di vista letterario, ma di istantanee che raffigurano aspetti diversi legati allo sport, ma soprattutto alla Storia.
Scrivere di sport non è solo raccontare le gesta di un campione o di una squadra, ma è rappresentare il momento storico nel quale si compiono quelle imprese, il contesto nel quale si sviluppano, la società che caratterizza quegli anni e che ne ammira le vittorie e le sconfitte.
Pensiamo, ad esempio, a Le canaglie di Angelo Carotenuto, dove l’autore narra gli anni ‘70 del nostro Paese attraverso il racconto delle vicende legate alla Lazio di quegli stessi anni, regalandoci uno spaccato dell’Italia di quel tempo. Quei ragazzi, capaci di portare la squadra dalla Serie B allo Scudetto nel giro di appena due stagioni, sono il riflesso di una società italiana fortemente dinamica e spesso avvezza agli eccessi, che ha vissuto quel decennio a velocità elevata, cavalcando l’onda impetuosa di un boom non solo economico ma anche culturale.
Ma ancor più lungo è il raggio d’osservazione che ci regala il libro di Antonella Stelitano Donne in bicicletta: si parte addirittura dalla fine dell’800, e per raccontare il percorso di emancipazione femminile in Italia, seguendo il tracciato segnato dai tubolari delle ragazze che hanno inforcato le biciclette facendo la storia del ciclismo. Sì, perché i successi femminili arrivati in sella rappresentano un tesoro di inestimabile valore sportivo, troppo spesso sminuito o sbeffeggiato in favore delle vittorie ottenuti dagli uomini. Basti pensare che, un campione come Felice Gimondi, ebbe l’ardire di affermare: “Una donna la vedo sì in bicicletta, ma su quelle belle, da passeggio”.
Storia, ma anche storie, sempre al femminile, come quella raccontata da Elena Marinelli in Steffi Graf. Passione e perfezione, dove, grazie alla sua sconfinata conoscenza tennistica, l’autrice narra passo passo la carriera di una delle più grandi donne che abbiano mai calcato i campi da tennis. Una vita sportiva fatta di grandi successi, ma anche di grandi responsabilità, vissuta sempre con il fardello di chi è chiamata a vincere a tutti i costi. Una narrazione che stupisce per stile e struttura, e soprattutto perché il nome di Andre Agassi appare solo ad otto pagine dalla fine del libro.
La vita e le gesta di grandi campioni tornano ad essere protagonista anche in Con la testa e con il cuore, dove il grande Alberto Cova racconta in prima persona la sua vita di atleta, e ancor prima di uomo, capace di raggiungere in appena tre anni il titolo europeo (Atene 1982) il titolo mondiale (Helsinki 1983) e il titolo olimpionico (Los Angeles 1984) nei 10.000 metri piani. Un libro nato per dare una risposta alla reiterata domanda su quanti sacrifici avesse dovuto fare durante la sua carriera, e per raccontare come, quando si ama intensamente ciò che si fa, nessuna esperienza può essere considerata come un sacrificio.
L’ultimo, ma solo in ordine casuale, è La cena degli dei di Marino Bartoletti, un vero e proprio esperimento (riuscitissimo) di letteratura sportiva, una favola più che un romanzo, dove grandi personaggi si incontrano attorno ad una tavola dando vita ad una narrazione oltre la vita. Organizzata da Enzo Ferrari, con la partecipazione di illustri sportivi come Simoncelli, Pantani, Senna, Baracca, Nuvolari, ma anche di personalità come Luciano Pavarotti e Lucio Dalla, durante la cena si aprono finestre su luoghi, eventi e personaggi che hanno segnato non solo la vita dell’autore, ma anche di milioni di italiani, che possono ritrovarsi in un ritmo a metà tra le cene di gala e quelle di trattoria.
Cinque libri diversi tra loro, ma, come detto, ognuno con una sua caratteristica distintiva che meriterebbe di essere premiata con la vittoria finale.
Dal canto mio, nell’immancabile nostalgia, tipica di quando sta per terminare un’esperienza bellissima, mi godrò queste ultime ore da Grande Lettore cercando di immaginare a quale libro verrà assegnato non solo il primo premio, ma anche quello della prestigiosa giuria nella quale sono stato inserito.
Con grande onore e riconoscenza per chi mi ha voluto qui.