Dopo quasi un quarto di secolo trascorso sotto canestro, Dubravka Dačić dà ufficialmente l’addio alla pallacanestro.
E lo fa con un’emozionante lettera affidata alle nostre pagine, dove ripercorre le emozioni vissute giocando in lungo e in largo per l’Europa.
Sì, perché la carriera di Dačić ha toccato i parquet più prestigiosi del nostro continente: dalla Russia alla Spagna, passando per la Turchia, fino all’Italia, dove ha vestito le maglie di Parma, Taranto, Napoli e Capri.
Non solo: il centro croato, naturalizzato italiano, ha anche vestito per ben quarantadue volte la maglia azzurra, in una lunga trafila che l’ha portata dalle selezioni giovanili fino alla Nazionale maggiore.
Nelle sue parole d’addio c’è l’amore per uno sport che l’ha accompagnata per gran parte della vita, ma anche l’amarezza per le tante vicende negative vissute durante la sua carriera: un viaggio introspettivo che aveva già iniziato nel maggio del 2021 con la pubblicazione del suo primo libro “Memorie di un divenire”, insignito al Premio Letterario Sportivo Invictus della prestigiosa menzione assegnata da Radio Rai 1 Sport, dove racconta gli aspetti più personali e intimi della sua sfera professionale.
E proprio in questa lettera d’addio, ultima pagina della sua carriera, che da oggi rappresenta ormai il passato di Dačić, si trova l’anello di congiunzione con quello che sarà il suo futuro: a segnare la sua vita continueranno ad essere le sue mani, che non accarezzeranno più un pallone, ma si muoveranno su una tastiera per disegnare ancora nuove emozioni.
Di seguito le sue parole.
Ci è voluto un bel po’!
E nemmeno adesso sono sicura di riuscire a trovare le parole adatte per dirti addio. Non è come le altre volte in cui ti maledivo e poi ti invocavo a suon di canestri, sacrifici e sudore.
Questa volta non ho più un orario da rispettare, un infortunio da recuperare, una sconfitta da debellare dalla mente e dalla classifica.
C’è molto, molto amaro in questo mio saluto a te, pallacanestro, c’è anche tanta poesia però, tanta vita.
Non è mai stato un colpo di fulmine, e non l’ho mai negato, mai nascosto. Sei stata un’occasione, un’opportunità, qualcosa che prima dei 15 anni non ho mai nemmeno avvicinato, e poi di punto in bianco sei diventata la mia quotidianità, amore e odio.
Ti ho dedicato un libro e nonostante ci sia ancora tantissimo, troppo da dire, lascio la tua pagina in bianco, alla fine ti ho sempre detto tutto in faccia, con amore e anche a denti stretti. Mi tengo i ricordi che vale la pena ricordare, il resto sono lezioni che sinceramente, non imparerò mai! Non le imparerò perché non ho intenzione di infliggere quelle stesse cose a nessuno, più che lezioni le prenderò come moniti, per ricordarmi sempre, a prescindere dal rancore, dal dolore, di scindere il bene dal male. Il primo da elargire sempre, il secondo se subito e usato allo stesso modo, è un male sprecato.
Non ti ho mai dato tutta me stessa, ma perché spesso chi pretendeva di insegnarmi la tua arte, non meritava tutto di me.
Tu non hai colpe, le ha chi ti usa mancandoti di rispetto, dimenticando il vero valore che uno sport deve portare ovunque con se.
La Terra ha da poco concluso un altro giro intorno al Sole, siamo nel 2023, e più mi guardo attorno più temo che la tua vera anima si sta perdendo per sempre. Io posso dire di averla intravista, per pochi, brevi attimi della mia carriera. Mi hai fatto conoscere persone che questo sport lo hanno portato alle altezze e al rispetto che merita. Altri hanno fatto in modo che ti odiassi, ma in fondo io continuavo a vedere il tuo potenziale, e non riuscivo a smettere di giocarti.
Credo che basti, mia pallacanestro, potrei scrivere in eterno perché amo così tanto le parole, hanno lo stesso potenziale che hai tu, sono potenti, ma troppo spesso sono incomprese da questo mondo analfabeta e incapace di sentire. Ecco, senza ombra di dubbio ti ho sentito, ti ho apprezzato nei momenti e nei luoghi in cui ti sei manifestata nel pieno della tua bellezza che mescolava un umano sentire e un divino essere.
Mi hai reso la Donna che sono oggi, plasmandola con venti e tempeste, mi sono rialzata quando hai messo alla prova il mio fisico, ma sopratutto quando bruciavi la mia mente. Mi hai insegnato a risorgere, a non accontentarmi, a essere me stessa per quanto esserlo sia maledettamente scomodo a questo mondo, mi hai dato disciplina e con il tempo, l’esperienza di saper scegliere i miei limiti, senza sentirmi in dovere di valicarli se ero io a non volerlo.
Scegliendomi mi hai insegnato a scegliermi, ad amare i miei sogni e a non smettere di sognarli. Nel dolore ho trovato la mia forza, nella felicità quanto sia effimera e quanto vada assaporata quando c’è, nell’odio ho rafforzato il mio amore, nella lontananza ho imparato che il ritorno è l’unico vero viaggio, perché tornavo sempre diversa, ero un vaso che non si colmava mai ma che continuava a fare spazio per il nuovo, per altra vita.
Ti ho forse compresa nel tuo modo più puro, più istintivo, dove regole fatte, per chi non sapeva sentirti, non bastavano per il modo in cui ti sentivo io, e si sa, chi viene visto danzare spesso viene chiamato pazzo da chi la musica non riesce a sentirla.
Ti ricorderò per quella che per me sei stata: semplicità, leggerezza, divertimento, valori, vita. Per tutto il resto che ho provato non posso incolpare te, in fondo tu, sei un gioco, la stoltezza umana esula dalle tue corde, tu suoni una musica che non comprende le bassezze umane.
Grazie! Dubi out!

It took quite a while!
And even now I’m not sure I can find the right words to say goodbye. It’s not like the other times I cursed you and then invoked you with baskets, sacrifices and sweat.
This time I no longer have a timetable to respect, an injury to recover, a defeat to eradicate from my mind and from the standings.
There’s a lot, a lot of bitterness in my greeting to you, basketball, but there’s also a lot of poetry, a lot of life.
It wasn’t love at first sight, and I never denied it, never hid it. You were a chance, an opportunity, something that before the age of 15 I never even approached, and then out of nowhere you became my everyday, love and hate.
I have dedicated a book to you and although there is still so much, too much to say, I leave your page blank, in the end I have always told you everything to your face, with love and even through clenched teeth. I keep the memories worth remembering, the rest are lessons I honestly, I will never learn! I won’t learn them because I have no intention of inflicting those same things on anyone, more than lessons I will take them as warnings, to always remind myself, regardless of resentment, pain, to separate good from evil. The first to be bestowed always, the second if used in the same way, is a wasted evil.
I’ve never given you all of myself, but because often those who claimed to teach me your art didn’t deserve everything from me.
You are not to blame, but those who use disrespecting you, forgetting the true value that a sport must bring everywhere with it, do.
The Earth has recently completed another lap around the Sun, we are in 2023, and the more I look around the more I fear that your true soul is being lost forever. I can say that I glimpsed it, for a few brief moments of my career. You have introduced me to people who have taken this sport to the heights and respect it deserves. Others made me hate you, but deep down I still saw your potential, and I couldn’t stop playing you.
I think that’s enough, my basketball, I could write forever because I love words so much, they have the same potential as you, they are powerful, but too often they are misunderstood by this illiterate world and unable to feel it. Here, without a shadow of a doubt I have heard you, I have appreciated you in the moments and places where you have manifested yourself in the fullness of your beauty that mixed a human feeling and a divine being.
You made me the woman I am today, shaping her with winds and storms, I got back up when you tested my body, but especially when you burned my mind. You taught me to rise again, not to settle down, to be myself as damn uncomfortable as it is in this world, you gave me discipline and over time, the experience of knowing how to choose my limits, without feeling compelled to cross them if I was the one who didn’t want it.
By choosing me you taught me to choose me, to love my dreams and not to stop dreaming them. In pain I found my strength, in happiness how ephemeral it is and how much it should be savored when it is there, in hate I strengthened my love, in the distance I learned that the return is the only true journey, because I always came back different, I was a vessel that never filled up but kept making room for the new, for more life.
Did I perhaps understand you in your purest, most instinctive way, where rules made, for those who didn’t know how to hear you, weren’t enough for the way I felt you, and you know, whoever is seen dancing is often called crazy by whoever can’t hear the music.
I will remember you for what you were to me: simplicity, lightness, fun, values, life. For everything else I’ve felt I can’t blame you, deep down you, you’re a game, human foolishness goes beyond your strings, you play music that doesn’t include human meanness.
Thank you! Dubi out!!!