di Raffaele Calvanese*
Le pianure di Federico Falco è un romanzo che parla della ricostruzione di sé stessi, della ricerca di un’identità che si compone non solo della propria storia ma anche del territorio in cui la storia si muove.
Il territorio, la natura ed il paesaggio sono i tratti caratteristici della scrittura dello scrittore argentino che già nei suoi lavori precedenti come, ad esempio, “Silvi e la notte oscura” trovava nella natura il personaggio principale di molte delle sue storie. Le pianure è un romanzo del tempo lento, del tempo immaginato e vissuto fuori dai ritmi della città. Una storia che assomiglia a Camere separate di Tondelli ma sporcato di terra, impastato nel fango e con i vestiti dimessi di chi lavora nel proprio orto.
“Quello che mi piace dell’orto è che non serve pensare. Si tratta solo di fare e fare…scrivere invece è un continuo pensare. Il tentativo di tradurre tutto in parole. Di avvicinarsi il più possibile a dare un nome alle cose”
Dopo la fine della sua relazione con Ciro il protagonista abbandona Buenos Aires e acquista un terreno in aperta campagna in una cittadina che ruota attorno ad un bar ed una drogheria. Per raggiungere il centro abitato Federico deve camminare almeno mezz’ora a piedi. Tutto è lontano dove Federico va a cercare di rimettersi in sesto dopo che il mondo sembra essergli caduto addosso. Il libro si divide in capitoli che scandiscono i mesi dell’anno, quei mesi com’è naturale che sia scandiscono anche la vita dell’orto che Federico coltiva. Inizia in modo impacciato, senza esperienza, le pagine raccontano attività semplici, la routine quotidiana di chi lavora la terra. Incontriamo il suo vicino, poi ne conosciamo a poco a poco altri.
Col passare delle pagine, Le pianure ci porta nella vita di Federico che in questa scelta sembra ripercorrere anche la storia della sua famiglia, del capostipite che dal Piemonte per sfuggire alla guerra viene in Argentina senza avere arte né parte fino a quando lui prova a smarcarsi da quel destino scegliendo di trasferirsi nella grande città. Il libro, dunque, si muove su più piani, quello del ritorno alle radici, quello di una storia d’amore che finisce e quello di una lunga riflessione sulla scrittura. Il protagonista, infatti, è uno scrittore che da quando ha visto la sua relazione naufragare non riesce più a scrivere. Ha addirittura paura a rileggere gli appunti vergati a mano durante i giorni dolorosi della separazione da Ciro.
“Raccontare una storia cambia chi la racconta. E in certi momenti la finzione è l’unico modo di pensare il vero”
In poche pagine Federico Falco sa portare il lettore in una dimensione sottratta al tempo furioso ed ai panorami urbani a cui molti di noi sono abituati, siamo nella pianura argentina dove le giornate sembrano alternarsi tutte uguali e dove non c’è un posto da cui si possano guardare le cose da una prospettiva diversa, il tempo nella pianura è una goccia che scava dentro le nostre granitiche convinzioni, ci induce a pensare diversamente ad accettare i nostri limiti ed a riconsiderare i nostri modi di fare. La natura fa il suo corso e noi al suo interno cerchiamo il nostro posto, non sempre lo stesso, non sempre con le stesse persone.
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*Raffaele Calvanese, speaker radiofonico e giornalista musicale, si è laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Orientale di Napoli. Nel 2019 ha pubblicato il suo primo libro “Di che cosa Parla veramente una Canzone” (Scatole parlanti). Dal 2011 al 2016 ha collaborato con Radio Prima Rete, a Caserta, dove ha condotto The Otherside, programma da lui ideato. Dal 2017 va in onda su New Radio Network dove intervista le realtà musicali emergenti della Campania. Scrive per le riviste “Oca Nera Rock”, “Inside Music” e “ShockWave Magazine”. Figura tra i collaboratori di “Poetarum Silva”, rivista online dedicata alla narrativa e alla poesia.