Cinquant’anni fa usciva “Radici”, l’album di Guccini destinato a influenzare le generazioni future

È l’ottobre del 1972.

In Italia un quotidiano costa 90 lire, appena dieci in più di un caffè al bancone del bar, per il quale ce ne vogliono 80. Il Presidente della Repubblica Italiana è Giovanni Leone, mentre da poco più di tre mesi è in carica il secondo Governo Andreotti, il ventottesimo della storia d’Italia, con Oscar Luigi Scalfaro Ministro della Pubblica Istruzione.

Da pochi giorni, inoltre, Emerson Fittipaldi si è laureato Campione del Mondo di Formula 1, davanti a Jackie Stewart, detentore uscente del titolo, e al neozelandese Denny Hulme.

In queste settimane, più precisamente il 10 ottobre 1972 la Fiat annuncia la messa in produzione di un nuovo modello di autovettura, la 126, che costerà 795.000 lire, l’equivalente di quasi sette stipendi di un operaio medio.

E proprio in questi giorni del 1972 esce in Italia un disco destinato a riscrivere non solo la storia della musica italiana, ma anche ad influenzare profondamente la cultura del nostro Paese.

Si tratta del quarto LP di Francesco Guccini, dal titolo Radici.

Sette canzoni in totale, tre sul lato A, aperto dalla title-track, e quattro sul lato B, tutte scritte e musicate dal cantautore modenese.

Un disco rivoluzionario, a partire dalla copertina, dove campeggia una vecchia di foto di famiglia nella quale appaiono il bisnonno Francesco, detto Chicon, accanto a sua moglie Maria Fornaciari (anello di congiunzione tra Guccini e Zucchero), con dietro i quattro prozii, tra i quali Enrico, che qualche anno più tardi sarebbe stato cantato in Amerigo.

Ad un primo ascolto sembra quasi un’opera intima, personale, che poco potrebbe avere a che fare con la cultura collettiva: Guccini infatti vive Radici come una specie di summa, un atto ultimo della sua carriera cantautoriale, dopo le difficoltà de L’isola non trovata, uno spazio dove riversare tutte le sfaccettature della sua anima.

In realtà si rivela il momento di svolta della sua vita artistica e personale.

Il disco è un vero e proprio punto di rottura con quanto ascoltato prima, e soprattutto con il contesto musicale italiano del momento: basti pensare che l’ultimo Sanremo, il ventiduesimo della storia era stato vinto da Nicola Di Bari con I giorni dell’arcobaleno, mentre Gianni Nazzaro aveva trionfato a Un disco per l’estate con Quanto è bella lei.

Radici rappresenta il nuovo vestito d’antico, la riscoperta dei valori fondanti della comunità di ieri, come la famiglia, i luoghi, la cultura, proiettati in un futuro che è sviluppo e mistero.

E già le scelte di arrangiamento, che toccano note progressive tipiche dell’epoca, sono un elemento che spezza con il Guccini chitarra e voce ascoltato in precedenza e gli conferisce una dimensione diversa: merito anche di musicisti superbi come Vince Tempera, Ellade Bandini e Ares Tavolazzi, che lo avrebbero continuato ad accompagnare per molti anni a venire.

Ecco quindi che Radici, la canzone, racconta Pavana, il paese dove ha trascorso i primi cinque anni di vita e dove si erge il tanto amato mulino dei nonni, mentre Piccola Città è dedicata a Modena, luogo natio ma mai compreso fino fondo. In Canzone dei dodici mesi c’è invece tutto il background culturale di Guccini, e in Il vecchio e il bambino e Canzone della bambina portoghese i libri che lo hanno influenzato nella sua formazione letteraria, mentre Incontro è una storia che appare in fotogrammi davanti agli occhi di chi ascolta il brano.

L’apice del disco è sicuramente La locomotiva, il pezzo forse più cantato dai fans di Guccini, che diventa la canzone di chiusura dei suoi concerti.

Una volta che l’LP arriva su decine di migliaia di giradischi in tutta Italia, le note di Radici influenzano generazioni di giovani e meno giovani che riconoscono nelle tracce di quel disco il segno di un legame comune.

Guccini diventa così il Maestrone, un punto di riferimento, capace di sfociare anni più tardi, anche in quella che è sempre stata la sua vera passione, la scrittura in prosa, diventando uno stimato e seguito autore di romanzi di vario genere, e affermandosi particolarmente in quello giallo grazie al binomio con Loriano Macchiavelli.

E tutto questo è testimoniato anche dai migliaia di giovani che ancora oggi, a cinquant’anni dalla sua pubblicazione, ascoltano Radici e lo accolgono come un capolavoro della produzione musicale italiana, ardenti di essere contaminati da quella cultura poliedrica della quale Guccini è uno dei rappresentanti più autorevoli.

Così diversa sei adesso
io sono sempre lo stesso
sempre diverso.
Cerco le notti ed il fiasco
se muoio rinasco
finché non finirà.

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