di Simona Cappuccio*
Estate 1997, precisamente 15 luglio. Sono passate poche ore dai festeggiamenti per il Giorno dell’Indipendenza negli Stati Uniti. Alle 8.45 Antonio D’Amico ritrova il compagno Gianni Versace, una delle icone internazionali della moda, in una pozza di sangue. A fianco del cadavere le chiavi di casa e un giornale, acquistato dalla vittima poco prima di essere raggiunta dai colpi dell’arma da fuoco di Andrew Phillip Cunanan. Il luogo del ritrovamento è la soglia della villa posseduta dallo stilista e situata al 1116 di Ocean Drive a Miami Beach. Ciò che seguirà a quel macabro ritrovamento è diventato Storia. Una vicenda piena di ombre e misteri, di domande senza una risposta precisa su cui ritorna ora, nel venticinquesimo anniversario della tragedia la criminologa Roberta Bruzzone nel libro “Versace. Autopsia di un delitto impossibile”.
VIAGGIO NELLA MENTE DEL KILLER
A introdurre il volume di Bruzzone una frase di Voltaire (“Ai vivi si devono dei riguardi, ai morti si deve soltanto la verità”) e una dedica a coloro i quali non smettono di cercare giustizia. Una giustizia che forse non potrà mai trovare Gianni Versace, sulla cui morte aleggiano ancora troppi dubbi. L’unica certezza pare proprio l’identità del colpevole, un folle assassino dalle mille facce, party boy omosessuale d’alto bordo e contemporaneamente giovane con un QI superiore alla media, che dall’autunno dell’anno precedente al delitto aveva già massacrato altri quattro uomini.
“Ho ricostruito in maniera estremamente precisa tutto l’arco dell’esistenza di Cunanan, cercando di sviluppare gli elementi che lo hanno portato a diventare un feroce serial killer”, ci racconta Roberta Bruzzone. “Ho approfondito grandemente la parte legata alla sua storia infantile, al tipo di genitori che ha avuto, individuando quelli che sono stati i segni precoci della parabola distruttiva della sua vita. Infatti, il libro è principalmente un viaggio all’interno della sua mente per dipanare quale sia stato il percorso che l’ha portato a decidere di uccidere barbaramente Versace, con il preciso obiettivo di sottrarre fama alla sua immortalità e così diventare un assassino indimenticabile”.
DELITTO VERSACE: UN’INDAGINE IMPERFETTA
A colpire Gianni Versace fu dunque Andrew Cunanan, spree killer affetto da personalità narcisistica, e ritrovato in una house-boat nei pressi di South Lake dopo essersi suicidato con un colpo di Taurus .40 in bocca, senza neppure un biglietto d’addio.
Eppure, sono state battute diverse piste investigative oltre a quella dell’omicidio per mano di uno stalker ossessionato dal suo mito, come nello sfortunato caso di John Lennon e in quello di Jodie Foster, perseguitata da John Hinckley jr. Sì, perché come ricorda Bruzzone tra le pagine del libro per il delitto Versace si può parlare di “indagine imperfetta”, con una “rocambolesca serie di omissioni, ritardi, errori di valutazione e disattenzione”. E se la pista legata alla criminalità organizzata pare non reggere, nel racconto delle dinamiche successive all’assassinio l’autrice introduce altri personaggi. Ad esempio Gary Schiaffo, capo investigatore a cui fu affidato il caso Cunanan, ma anche l’ex produttore televisivo Enrico Forti, da tutti conosciuto come “Chico”, che realizzò un documentario sull’omicidio Versace e che fu condannato dai giudici statunitensi all’ergastolo per la morte dell’imprenditore australiano Dale Pike.
UN’ALTRA INDAGINE IMPERFETTA PER ROBERTA BRUZZONE
Lasciando però ai lettori la scoperta di dettagli e legami tra fatti e persone, va menzionata, in appendice al volume, la presenza di un interessante excursus sulle principali tappe storiche nello sviluppo delle tecniche di Criminal Profiling, con menzioni, tra l’altro, al medico legale Thomas Bond e al profilo di Jack lo Squartatore, al dottor Jean Paul De River e al triplice brutale omicidio di Inglewood e a Walter C. Langer, con il profilo psicologico e comportamentale di Hitler.
“Versace. Autopsia di un delitto impossibile” è insomma un libro che si lascia leggere e che offre al lettore nuovi spunti di riflessione su uno dei delitti più iconici del XX secolo. “Ci sono diversi altri casi di cui sicuramente mi occuperò in futuro”, anticipa tuttavia Bruzzone. “Un caso che mi preme molto approfondire e su cui ho intenzione di scrivere un libro riguarda la scomparsa di Mirella Gregori (avvenuta nel 1983 e associata da molti alla scomparsa di Emanuela Orlandi ndr). Credo che anche quella sia un’indagine imperfetta, e credo di aver compreso quali sono stati i momenti di maggior criticità che hanno ad oggi decretato la mancata risoluzione del caso”.
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*Simona Cappuccio, background umanistico e una laurea in Italianistica con lode. Lavora nella comunicazione e nelle pubbliche relazioni come ufficio stampa. Giornalista pubblicista, scrive di cultura, arte e lifestyle. Cinema, libri e viaggi per vivere.