Questa non è una recesione di È successo un ’21

Ho una regola che cerco di rispettare per ovvi motivi professionali (anche se spesso a un po’ di gente sono costretto a doverla spiegare) ed è la seguente: come freelance e come consulente editoriale evito tutti quei lavori che – anche solo marginalmente – possano portare terze parti a pensare a un mio conflitto di interessi. Per questo motivo, avendo curato il libro di Mauro Giorgini – che è un mio caro amico e già questo per me è molto borderline – non ne scriverò e non ne parlerò da nessuna parte perché non sarebbe serio.

Però, siccome Mauro è pure il cofondatore (insieme a me) di questo sito dove ogni tanto venite a leggere articoli, recensioni e il dietro le quinte delle politiche editoriali e siccome per scrivere su questo sito non percepisco compensi, al massimo sono io (insieme a Mauro) a tirare fuori i soldi… allora sì: qui vi parlerò di un libro che è davvero un bel libro che parla di sport e che spesso – come accade – parla pure di altro. Di vita, per esempio.

Il libro inizia da un’idea tanto semplice, quanto geniale. E se tra mezzo secolo il vecchio detto “è successo un ’48” venisse soppiantato da “è successo un ’21”? Del resto se dobbiamo pensare a un anno della svolta, dopo la pandemia, quell’anno è proprio il 2021 che ci ha lasciato con la consapevolezza che le cose belle, pure quelle così difficili da sembrare impossibili, possono succedere.



Questo alla fine è il senso di È successo un ’21: tutto può succedere. Un libro che in 11 racconti (+1) lascia su carta le impressioni di un 2021 in cui ci siamo resi conto come sportivi, come individui e persino come paese che tutto può essere possibile.
Da Jacobs alla staffetta 4×100, passando per i cento metri femminili e paralimpici fino alle nazionali di volley sul tetto d’Europa. Dal trionfo di Wembley a quello delle ragazze del basket non udenti fino al fango mescolato alle lacrime di Sonny Colbrelli.

Il libro uscirà a metà giugno (si trova già sul sito dell’editore) ed è impreziosito dalla prefazione di Giovanni Malagò, quel presidente del Coni che forse a un certo punto è stato l’unico (o almeno il primo) a credere a quanto potesse essere grandioso quel 2021 che tutti – diciamocelo – guardavamo con un po’ di diffidenza.

Chiudo con un desiderio (che è pure una speranza): Mauro ha lavorato tanto in passato per portare libri e cultura nel decimo municipio di Roma. Spero che quel pezzo di territorio spesso dimenticato dal cuore della capitale, ma che spesso non fa nemmeno molto per aiutarsi da solo, metta Mauro al centro di un progetto. Perché a parlare a bocce ferme siamo capaci tutti, a fare i fatti un po’ meno. In bocca al lupo, Mauro! Viva i bei libri, viva le grandi storie.

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