“La biglia di Pantani”: il ricordo del Pirata nel racconto di Federico Vergari

Oggi, 13 gennaio 2022, Marco Pantani avrebbe compiuto cinquantadue anni.

Uno sportivo che ha scritto pagine indimenticabili del ciclismo, e che noi di Liberementi vogliamo ricordarlo con altre pagine, quelle scritte da Federico Vergari in Vittorie Imperfette. Storie di donne e uomini che non si sono arresi, edito dalla Lab DFG.

Di seguito un estratto del racconto dedicato al Pirata, dal titolo La biglia di Pantani. Storia di due cadute in discesa e una vittoria in salita.

Nota per il lettore.
Nel 1974 Radio Rai lanciò un programma dal titolo “Le interviste impossibili”. Si trattava di un format totalmente nuovo in cui importanti esponenti della cultura contemporanea (uno su tutti Umberto Eco) intervistavano dei personaggi impossibili (da cui il titolo) perché appartenenti a un’altra epoca storica o di fantasia. Il programma riscosse un grande successo e diede vita a innumerevoli spin-off tanto da diventare col tempo una sorta di esercizio di stile.

Questa storia inizia da lontano e probabilmente non è la storia che ci si aspetterebbe di leggere su Marco Pantani, in un libro di questo tipo. Questa storia non parla di pirati e maglie rosa o gialle. Questa è la storia di un campione ancora senza titoli, ma con qualche vittoria, ed è la storia di un uomo che non conosce paura. Diretto, schietto e franco, come dire i schietti e franchi possono essere un bicchiere di vino e una piadina crudo, rucola e squacquerone.

Questa è la storia di un ciclista che ancora non è diventato leggenda e che è in perenne bilico tra il farcela e il mollare. Tra il tagliare il traguardo alzando le mani e indossando la maglia e vivere una vita all’ombra di quel quarto d’ora di celebrità che si è conquistato pedalando tra le strade italiane e francesi, mettendo in evidenza una pettinatura sempre più diradata e due orecchie a sventola.

Chissà quante volte, in quegli anni così faticosi e inconcludenti, Pantani avrà pensato di staccare i piedi dai pedali, sganciare la ruota, infilare la bici dentro la macchina e tornarsene a Cesenatico. La sua città. Inventarsi una vita lì, a dare una mano a mamma Tonina e papà Ferdinando nel chiosco di piadine e a fare l’aperitivo sul lungo canale, nel porto progettato da Leonardo senza pensare a niente. Parlando di Milan, di macchine e belle donne. Nessuno gli avrebbe detto qualcosa se si fosse arreso. Beh, con tutta la sfiga che ha avuto, si sarebbero limitati a dire.

Questa storia inizia con una vecchia canzone che faceva pressappoco così:

Milano/Sanremo a rotta a di collo
Liegi/Bastogne andata e ritorno
Stare davanti senza mai mollare
Nessuno oramai mi riesce a cambiare
Son nato nel mare ma scalo montagne
Cerco illusioni invece trovo emozioni
Ho il fiato del tempo sempre sul collo
Nessuno ti giuro mi cambierà, tappe intermedie mai
E ti porterò con me lassù, la bici, io e tu, in maglia rosa sempre più
E adesso pedala, sulla mia sella da cowboy per inseguire il cie-lo e poi
Pedala pedala, perduto nella dolce scia a tutta birra e così sia
Apro gli occhi e sono su
Il gruppo è lontano non lo vedo già più
Pedalo pedalo e arrivo alla cima
Al Tour e alla Vuelta penserò domattina
La rabbia mi spinge e mi porta distante
In salita e in discesa mi mangio i tornanti
Dietro e davanti mi applaudono in tanti
Vorrei restar sempre così in maglia rosa e poi
Il vento e le moto sorpassano, la fatica tocca solo a me ma ho voluto la bici e adesso
E adesso pedala, sulla mia sella da cowboy per inseguire il cielo e poi
Pedala pedala, perduto nella dolce scia a tu a birra e così sia
E adesso pedala, la tappa è dura, piove, ma il cuore certo basterà
Pedala pedala, la bici l’ho voluta io e tiro la volata ormai
E adesso pedala, sulla mia sella da cowboy per inseguire il cielo e poi
Pedala pedala, perduto nella dolce scia a tu a birra e così sia
E adesso pedala…
Pedala pedala…

Adesso Pedala, sigla del Giro d’Italia 1996… se la ricorda Pantani?

«Cavolo, e come potrei scordarmela? La cantavo io!»

Una delle poche edizioni del giro trasmesse da Mediaset che per un breve periodo ha visto alternarsi alla voce di De Zan padre quella di De Zan figlio… Questo rap melodico di cui si sarebbe volentieri fatto a meno (senza offesa, eh!) è in realtà carico di significato per chi è stato appassionato di ciclismo negli anni Novanta. Erano del resto gli anni in cui nasceva la leggenda del Pirata…

«Io però mi sono divertito a cantarla, lo sa?» (Ride ndr).

Beh, lo immagino. Diciamo però che non ci ricordiamo di lei per la sua voce…

«Meno male!»

Prima di farle qualche domanda vorrei chiederle un’altra cosa.

«Lei è l’intervistatore, questo è il suo libro… mi pare il minimo…»

Possiamo darci del tu?
«Sarebbe il caso, Federico!»

Grazie Marco. Adesso pedala fu registrata durante la tua riabilitazione dal terribile incidente alla Milano-Torino che mise a repentaglio la tua carriera.

«Sì, quando l’ho registrata avevo da poco abbandonato le stampelle. Mediaset mi offrì questa opportunità… era un modo per essere comunque al Giro, un modo per non far dimenticare agli italiani la mia faccia, se vogliamo».

È il 18 ottobre del 1995, siamo sulla discesa di Pino Torinese quando tra te e la tua vita ci si me e una jeep. Contromano e in un percorso che doveva essere messo in sicurezza.

«Paradossalmente ricordo poco e tanto al tempo stesso di quei momenti. Ricordo per esempio di essere letteralmente volato in aria. Ancora con i piedi attaccati alla bici. E poi mi ricordo l’asfalto. L’asfalto è duro lo sai? Chi guarda il ciclismo in televisione senza essere mai andato in bici non si rende conto di quanto faccia male cadere sull’asfalto».

Continua…

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