“Fai Ciao” il secondo romanzo di Flavio Ignelzi

di Raffaele Calvanese*

C’è un passaggio di Città Sommersa di Marta Barone in cui, cito a memoria, si dice che il dolore dei bambini non interessa a nessuno. Semplicemente non esiste per i grandi.

È a quel passaggio che ho pensato leggendo Fai Ciao di Flavio Ignelzi, edito da Alessandro Polidoro Editore. Un libro, quello di Flavio, che racconta la parabola di Samuel, figlio di una coppia che non si tiene più insieme. Una storia apparentemente come molte altre ma che la penna di Ignelzi ha saputo raccontare in modo asimmetrico. In una sorta di percorso fatto a ritroso in cui i capitoli sono tenuti insieme dall’atmosfera di precarietà più che dalla consecutio temporum. Un modo di giocare con la narrazione e con la destrutturazione della forma classica di racconto che ricorda i grandi maestri del 900.

In Fai Ciao infatti la storia si muove su un piano temporale non simmetrico, l’ordine degli avvenimenti ci porta dalle prime pagine già alla fine della storia. Sembra di essere in un film crime dove si parte dalla prima scena con la pistola fumante ed il cadavere che galleggia in piscina, nello stile dei grandi narratori classici à la Sunset Boulevard, per poi risalire la corrente di questo fiume di rabbia e dolore che attraversa il personaggio principale in modo da portare il lettore alle radici di quella sofferenza.

La famiglia può diventare persino un posto pericoloso, non è così?

In un passaggio del suo libro l’autore spiega in una riga il sapore amaro della storia. Il percorso di Samuel in va a colpire uno dei capisaldi della narrazione posticcia che affligge il nostro paese in cui il valore supremo della famiglia è visto come inscalfibile, anche a dispetto della cronaca che continuamente ci racconta come un contenitore religioso e sociale nella sua accezione monolitica non regga più, e forse non ha mai retto davvero, ai cambiamenti sociali e alle dinamiche personali.

Samuel vive in un mondo tutto suo, spesso affrontato con le cuffie nelle orecchie e la musica ad alto volume come è per moltissimi adolescenti, ma in più si trova ad affrontare la separazione e la perdita di persone che dava per scontate e che invece non lo erano affatto. La figura della madre ci racconta di come essere genitori non sia affatto semplice e che non lo si diventa solo perché si ha un figlio. La figura di Arabella, unica vera confidente di Samuel è un personaggio che si muove tra il reale e l’immaginifico, i dialoghi telefonici con lei sono gli unici in cui il protagonista riacquista l’umanità ed il calore propri della sua età, si lascia andare come con una figura materna e amicale sostitutiva. Il padre, infine, è un porto sicuro lasciato per sempre. Un sunto di fragilità ed umanità che soccombe agli eventi e che rappresenta il fulcro del dolore del protagonista.

Il libro è impreziosito da una colonna sonora che restituisce gli stati d’animo del protagonista e che li rende palpabili non solo alla vista ma anche all’udito.

Sono pagine piene di vuoti quelle in cui Samuel si muove fuggendo da una casa tossica. Non ci sono amici, non ci sono porti sicuri, c’è solo una ricerca confusa e ostinata di sé stessi. Di una identità che si formerà col tempo e troverà alcune delle sue solide basi proprio in quei giorni di dolore che culminano nell’ultimo capitolo.

*Raffaele Calvanese, speaker radiofonico e giornalista musicale, si è laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Orientale di Napoli. Nel 2019 ha pubblicato il suo primo libro “Di che cosa Parla veramente una Canzone” (Scatole parlanti). Dal 2011 al 2016 ha collaborato con Radio Prima Rete, a Caserta, dove ha condotto The Otherside, programma da lui ideato. Dal 2017 va in onda su New Radio Network dove intervista le realtà musicali emergenti della Campania. Scrive per le riviste “Oca Nera Rock”, “Inside Music” e “ShockWave Magazine”. Figura tra i collaboratori di “Poetarum Silva”, rivista online dedicata alla narrativa e alla poesia.