Io sono Ubik. Prima che l’Universo fosse, io sono. Ho creato i soli. Ho creato i mondi. Ho creato le forme di vita e i luoghi dove abitano, spostandole e muovendole come più mi aggrada. Vanno dove io dico, fanno come io dico. Io sono il verbo e il mio nome non è mai pronunciato, il nome che nessuno conosce. Mi chiamano Ubik, ma non è il mio nome. Io sono. Io sempre sarò.
Philip K. Dick, “Ubik”
Per tanti è stato un’icona della controcultura hippy, per altri il narratore per eccellenza dell’LSD (nonostante di acidi lui non si facesse).
Al di là dei mitizzazioni e delle etichette, Philip K. Dick è stato un superbo scrittore. E questo basta a definirlo come il creatore di mondi e sistemi di pensiero che non smettono di affascinare.
Considerato uno dei più grandi autori postmoderni, è diventato un cult soprattutto quando dal suo Gli androidi sognano pecore elettriche? (1968) è stato tratto un film altrettanto iconico: Blade Runner, che chiunque conosce. Anche chi non l’ha visto.
L’opera di Dick arriva ora negli Oscar Mondadori, a cominciare da Ubik, suo capolavoro, che approda in libreria il 1 giugno 2021. La nuova edizione è a cura di Emanuele Trevi, con la traduzione di Marinella Magrìe l’introduzione a firma di Emmanuel Carrère, che di Dick ha esplorato vita, opere e psicologia scrivendo anche una biografia sui generis, Io sono vivo, voi siete morti. Il progetto grafico della copertina è stato affidato al graphic designer Rodrigo Corral.
Ubik di Philip K. Dick spalanca ai lettori la porta di accesso all’universo psichedelico di Dick, che Carrère definisce “una specie di Dostoevskij della nostra epoca” per la sua capacità di rivelare in letteratura gli aspetti più intimi e nascosti dell’essere umano, costruendo un racconto in cui dimensione storica, atemporalità, psiche, teologia ed esperienza si uniscono in un mix che ha un che di mistico.
Esteriorità e interiorità, ieri-oggi-domani, spazio reale e spazio immaginato diventano indistinguibili e portano il lettore a domandarsi: chi sono? Dove sono?
Esiste una vita oltre vita, uno spazio etereo in cui lo spirito dei defunti sopravvive alla morte in una dimensione sospesa tra il buio e la luce, tra il colore e la bruma. Conservati in criostasi all’interno di speciali strutture, i defunti possono comunicare con i loro cari tramite un congegno elettronico e fornire conforto, lenire solitudini, dispensare consigli.
Ed è per avere consiglio che Glen Runciter, a bordo della sua aviomobile, sbarca sul tetto del Moratorium Diletti Fratelli, la struttura svizzera dove la bellissima moglie Ella giace ormai da decenni in una bara trasparente, avvolta in effluvi di nebbia ghiacciata. Runciter gestisce un’agenzia prudenziale, la Runciter Associates, di cui Ella era socia in vita, che – avvalendosi di inerziali in grado di neutralizzare l’attività di telepati e precog – offre a clienti e aziende sicurezza e privacy dalle intrusioni delle spie psichiche.
Uno dei telepati più temibili che gli uomini di Glen monitoravano è sparito dai radar della Runciter Associates.
Non si tratta del primo “incidente” del genere, e l’agenzia sta attraversando un momento di grossa difficoltà, ci vuole un’idea. Ma lo spirito di Ella non è più quello di una volta: appare confusa, distante, a tratti assente. La sua semivita si sta lentamente spegnendo.
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