«Ho perso qualche occasione, però mi sono divertito». Intervista a Sebino Nela, col Vento in faccia

di Paquito Catanzaro*

Non una raccolta di aneddoti, ma la storia di un ragazzo che per vent’anni ha giocato a calcio. Si può raccontare così “Il vento in faccia”, la biografia di Sebino Nela edita da Piemme. Un libro dal taglio intimista – oltre alla carriera da calciatore, commentatore e dirigente parla pure della vita privata e di un momento delicato coinciso con la diagnosi di un tumore – nato per caso, eppure fortemente voluto dall’ex terzino della Roma e dal giornalista Giancarlo Dotto.

«Ne parlammo una sera a cena» dichiara «e gli dissi che mi avrebbe fatto piacere raccontare la mia storia. Tuttavia» chiarisce «precisai che non avrei mai voluto un libro celebrativo o che raccogliesse solo storielle divertenti di quel che avveniva in campo e negli spogliatoi. Desideravo far conoscere l’uomo dietro al calciatore». Quella chiacchierata finì sui giornali ed ecco che un editore si fece avanti.

«Dopo la telefonata del gruppo Mondadori» prosegue «non abbiamo potuto tirarci indietro». Un plurale nel quale inserire Giancarlo Dotto, felice di raccontare la vita di un giocatore che ha vinto tanto ma che ha pure provato il piacere della sconfitta.

«Il calcio» dichiara «non è che un momento della vita. A ogni vittoria può corrispondere una sconfitta. A vincere sono bravi tutti. È nei momenti difficili» aggiunge riferendosi alla finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool che costò la competizione alla Roma di Liedholm «che si cresce e si comprende realmente la caratura delle persone. Durante quella partita ho compreso quanto fosse solido il legame tra tifosi e squadra».

Genova, Roma e Napoli le tre tappe calcistiche di Sebino Nela. Tre città di mare dentro cui specchiarsi e ritrovare passato, presente e futuro.
«Col vento in faccia» sorride «i genovesi imparano a conviverci. Il vento è sinonimo di difficoltà, ma pure ostacolo da superare per mettersi in gioco continuamente. Napoli è stata una piacevolissima sorpresa. All’esordio allo stadio “San Paolo” erano in 65.000 a gridare il mio nome. Roma è, semplicemente, la città che ho scelto e che mi ha scelto più o meno quarant’anni fa. Sono diventato parte di una comunità che, ancora oggi, mi riserva affetto e riconoscenza per quanto dato in campo e fuori».

Lecita una considerazione: possibile che sia aumentata così tanto la distanza tra i tifosi e i loro beniamini?
«Sono cambiati i tempi ed è cambiato il modo di comunicare. Ho vivo il ricordo delle trasferte in compagnia dei tifosi e le tante attività nei club. Faccio fatica a pensare che, oggi, i calciatori cerchino l’isolamento e preferiscano i social al contatto umano, cosa alla quale non potrei mai rinunciare. Inoltre» aggiunge «sempre più spesso le scelte di questi professionisti sono condizionate da mogli e fidanzate sempre più popolari. Qualche anno fa nemmeno si sapeva con chi fosse sposato questo o quell’atleta».

Si ha la sensazione, al telefono, di conoscere Sebino Nela da sempre. Un ragazzo prossimo ai sessant’anni che ha ben pochi rimpianti. «Ho vinto tanto, ho perso qualche occasione – su tutte la finale di Coppa dei Campioni e la maglia della nazionale a causa di un grave infortunio – ma mi sono divertito».

Il calcio come divertimento. Il segreto, in fondo, è questo.

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*Paquito Catanzaro lavora come addetto stampa della casa editrice Homo Scrivens e come insegnante di ludoteatro in una scuola materna. Coordina il blog Il Lettore Medio e ha una passione smodata per le figurine dei calciatori Panini. Ha pubblicato tre romanzi e una raccolta di racconti sul calcio.