di Paquito Catanzaro*
Diego Armando Maradona è stato tutto e niente; genio e sregolatezza; bene e male. È stato il più grande calciatore di tutti i tempi e il più acerrimo nemico di sé stesso. Su di lui è stato detto tutto o quasi poiché in pochi hanno parlato di lui come di un ragazzo innamorato del pallone.
Ci ha provato Ciro Ferrara con il libro “Ho visto Diego e dico ’o vero” edito da Cairo: un reportage narrativo nel quale l’ex terzino – cresciuto nel settore giovanile del Napoli e divenuto uomo a fianco del suo numero 10 – schiude il baule dei ricordi e racconta la sua esperienza accanto a Maradona dal debutto dell’argentino al “San Paolo”, il 5 luglio ’84, fino al 17 marzo ‘91, ultima partita dell’argentino di fronte al pubblico amico.
Due scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa nazionale e pure una Coppa Uefa, traguardi prestigiosi quelli raggiunti dal Napoli di quegli anni ma pure scivoloni clamorosi, come lo scudetto dell’88 gettato al vento durante un clamoroso Napoli-Milan 2-3 che sancì il sorpasso della squadra di Arrigo Sacchi. Inoltre: i duelli con la Juve e quelli con l’Inter di Trapattoni, l’indolenza di Diego e una società pronta a perdonargli tutto restando in silenzio di fronte alle sue richieste di essere ceduto.
Quella di Ciro Ferrara è una narrazione istintiva – nella quale il sentimento scavalca quasi sempre la ragione – ma pure autentica: Maradona è stato sì un calciatore insofferente alle regole, ma anche un ragazzo dotato di grande umanità, pronto a sfidare la pioggia e le pessime condizioni di un campetto di periferia pur di presenziare a una partita di beneficenza; un leader che voleva su di sé le attenzioni dei media – per soddisfare il proprio ego – ma pure quelle dei difensori, così da avere sempre un compagno libero al quale fornire un assist vincente. Uno pronto a mettere da parte la diffidenza (calcistica, s’intende) verso i brasiliani e invitò Careca a giocare al suo fianco così da rendere ancora più forte un Napoli che, durante il settennio maradoniano, si era trasformato da esercito di belle speranze in invincibile armata.
Ma è stato pure, Maradona, un ragazzo molto fragile, abbandonato dai tanti, troppi ammiratori che – paghi delle sue giocate – lo hanno lasciato solo nei momenti difficili, quelli in cui Diego ricorreva alla cocaina per sentirsi sufficientemente invulnerabile.
Mi sono avvicinato a questo libro con un pizzico di diffidenza, temendo di trovarmi di fronte a un feticcio per collezionisti; ho letto, invece, qualcosa che fa bene al cuore e che consiglio a qualsiasi appassionato di calcio. Ferrara non si limita a celebrare il campione, scegliendo la strada più tortuosa: raccontare l’aspetto umano – coi pregi e i difetti – di Maradona. Non a caso il rammarico dell’ex terzino è quello di non aver permesso al terzogenito di incontrare il Pibe de oro. Un fuoriclasse del quale si continuerà a parlare per generazioni ma che è stato, anzitutto, un ragazzo innamorato del pallone.
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*Paquito Catanzaro lavora come addetto stampa della casa editrice Homo Scrivens e come insegnante di ludoteatro in una scuola materna. Coordina il blog Il Lettore Medio e ha una passione smodata per le figurine dei calciatori Panini. Ha pubblicato tre romanzi e una raccolta di racconti sul calcio.