Sara, Matteo, il lockdown e la natura che si ribella

Sono quasi le 13 quando dall’altro lato del telefono mi risponde Sara Platto e per lei – che vive a Wuhan – invece la giornata lavorativa sta finendo. Sara vive in Cina dal 2007 (da otto anni a Wuhan) dove lavora come docente di comportamento e benessere animale presso la Jianghan University ed è consulente scientifica per la China Biodiversity Conservation and Green Development Foundation. Mi risponde al telefono dopo aver partecipato a un incontro con alcuni studenti per il Festival della scienza di Genova che si è rivelata una bellissima esperienza, i ragazzi sono stati fantastici, pieni di curiosità e mi hanno fatto tantissime domande.  

Immagino che almeno una delle domande riguardasse Wuhan…

Esatto. Volevano sapere come è la situazione qui, se siamo ancora in lockdown, mi hanno chiesto dei trasporti pubblici cinesi… se sono più sicuri di quelli italiani… E poi tante domande sul salto di specie. Davvero bello.

Rubo una domanda ai ragazzi… come va Wuhan?
Qui è assolutamente tutto sotto controllo. Per adesso non abbiamo casi e questa situazione di tranquilità va avanti da giugno. Da allora tutto procede e migliora. Stiamo bene, certo siamo sempre sul chi va là, ma va bene.

Buongiorno Wuhan racconta la vita di un teenager ai tempi del Covid-19. Come è nata l’idea?

I ragazzi della DeAgostini mi seguivano su Instagram e mi hanno contattata dicendomi che gli era piaciuto il mio approccio alla questione Covid. Mi chiesero se fossi interessata a scrivere un libro per adolescenti partendo dall’esperienza che stavamo vivendo io e mio figlio… e pur non essendo una scrittrice mi sono buttata.

Il libro non parla soltanto del lockdown.
Esatto. Pensavo fosse in generale interessante poter raccontare la vita di mio figlio Matteo che è un teenager nato in un paese straniero e che parla tre lingue. Scrivere mi ha anche dato la possibilità di poter chiarire alcuni punti su quello che è successo qui perché spesso e volentieri si sono dette cose false su Wuhan. E infine ho chiesto all’editore di poter inserire anche una parte scientifica. Volevo che il libro fosse uno strumento di divulgazione per i ragazzi perché circola troppa informazione confusa.

In quarta di copertina leggiamo: La quarantena e il lockdown visti con gli occhi di un adolescente, proprio lì dove tutto è iniziato. Come ha vissuto tuo figlio Matteo la pandemia?
[Mi chiede di attendere un istante e pone la domanda direttamente a Matteo, la risposta è tipicamente da adolescente, quindi brevissima: 90% ok, 10% impaurito].
Devo dire che la scuola a distanza non si è mai fermata ed è servita moltissimo. Poi l’ho spinto a contattare i suoi compagni che nel frattempo erano tornati al loro paese di origine, perché lui frequenta una scuola internazionale e al tempo stesso a mantenere i rapporti anche con i suoi amici cinesi. Insomma l’adolescenza non si è fermata grazie anche all’aiuto della tecnologia che gli consentiva persino di poter fare partite Dungeons and dragons di tre ore. Matteo a volte sembrava dentro una bolla. Ricordo che lo hanno intervistato dei ragazzi italiani di due scuole. Gli chiesero come si sentiva e lui rispondeva: normale, sto bene. Cercavo di spronarlo e lui: ma mamma sto bene cosa vuoi che dica?

E tu come hai vissuto questa situazione?
Io ho cercato di restare tranquilla e questo credo che abbia influito positivamente nel nostro lockdown. Cercare di essere positivi era quasi un lavoro. In quei momenti per un ragazzo era fondamentale avere un genitore-roccia accanto. Delle persone forti capaci di trasmettere serenità.

Nel libro parli di un gruppo WeChat tra gli italiani che non hanno lasciato la città.
Si chiama Survivors e ci sono dentro altri dieci italiani residenti a Wuhan. Siamo diventati grandi amici e ci incontriamo una volta al mese. Avevamo la regola che di condividere solo informazioni vere e accurate e poi condividevamo la nostra quotidianità strappandoci anche tanti sorrisi.

Che rapporto hai con Wuhan e perché hai dedicato il libro alla città?
All’inizio dell’epidemia su Wuhan giravano solo notizie false. Ho sentito di militari in strada che sparavano e di ospedali che uccidevano deliberatamente le persone… noi sapevamo benissimo cosa succedeva e quando sentivamo certe ricostruzioni stavamo male. Quando un popolo sta già soffrendo perché la gente si accanisce? Sono rimasta stupita e amareggiata dall’atteggiamento dei media. Ho dedicato il libro a Wuhan perché qui ho amici ed è la mia città da otto anni. Un vicino di casa che non ho mai visto un giorno mi ha lasciato un bigliettino con scritto Sara be strong, China will fix it! Mi hanno ringraziata per non essere andata via. Per aver avuto fiducia nella Cina. La scelta di restare ha dato fiducia anche ad altre persone. Io potevo scegliere, loro no. E lo hanno apprezzato.

Esatto: a un certo punto avete avuto la possibilità di rientrare in Italia ma avete deciso di non farlo.

Ci abbiamo pensato, ma alla fine casa nostra è davvero Wuhan. Perché dovevamo andare altrove?

Sempre in quarta di copertina c’è scritto: Per conoscere il presente ma soprattutto immaginare il futuro… Che futuro ci aspetta?
Il futuro è che dobbiamo adattarci. Come è successo in passato con altre pandemie e altri virus ci abitueremo e il Covid diventerà un virus stagionale come le altre influenze, ma non sarà l’ultimo. Nessuno vuole accettare l’elefante al centro della stanza, ma dobbiamo prendere atto che dopo 40 anni di globalizzazione sfrenata ci siamo dimenticati di preservare la natura. E adesso la natura ci punisce. Distruggiamo l’ambiente e ci insediamo creando nuovi cicli selvatici. In natura quando una specie aumenta in maniera spropositata e invade troppo territorio entrano in gioco dei meccanismi naturali di controllo come malattie, riduzione fertilità… succede sempre ed è successo anche a noi. Seppur complessi siamo e restiamo degli animali e la natura ci ha messo in castigo.