Quello che si salva. Storia delle storie d’amore

di Paquito Catanzaro *

E se fosse la seconda guerra mondiale lo sfondo migliore per raccontare una storia d’amore? Lo si potrebbe chiedere a Silvia Celani che in “Quello che si salva” (edito da Garzanti) racconta l’amore ai tempi del conflitto bellico ma pure durante l’era dei social.
Due le protagoniste: Flavia, una giovane infermiera impegnata a cucire le ferite dei pazienti, ma pure i pezzi di una famiglia che sta disgregandosi; Giulia, un’anziana donna che porta sulle spalle il peso dei ricordi.
Pur non avendo legami di sangue, tra le due si crea un rapporto filiale che le porta a trascorrere tanto tempo insieme e a preoccuparsi l’una dell’altra. Fino a quando, il 9 settembre, l’immagine di un sevivon (una piccola trottola ebraica) non indica una strada che le due donne si vedranno costrette a intraprendere: Flavia, mettendo in discussione tutte le sue certezze; Giulia, provando a dare una mano di lucido al suo passato.
Delicato come la carezza prima di andare a dormire, il romanzo di Silvia Celani racconta il dramma della guerra e lo fa attraverso il volto pulito dei tanti ragazzi che hanno sacrificato la propria vita per garantire a noi un futuro migliore.

«Il romanzo» dichiara l’autrice «è nato da una scoperta. Sono romana e da trentanove anni vivo nella sconfinata area metropolita che circonda la capitale. A Roma andavo a passeggio coi miei genitori quando ero bambina; mi ritrovavo nel weekend con gli amici; ho frequentato l’università. Eppure, quando alcuni amici fiorentini mi hanno chiesto di organizzare una visita su percorsi poco turistici, ho dovuto avvalermi di internet; e proprio navigando in cerca di idee, mi sono imbattuta in un sito in cui si descrivevano i luoghi della Roma Occupata. In quel momento è nata la mia storia».

Lecito domandarsi quanto sia stato difficile raccontare l’amore ai tempi della guerra? «È sempre difficile» prosegue l’autrice «raccontare l’amore poiché si tende a scivolare nel cliché, nel già visto, nel già detto. Eppure non esiste nella vita un’altra esperienza paragonabile all’amare qualcuno e al sentirci profondamente amati da qualcuno. La vita stessa, alla fine, credo che acquisisca il suo senso più autentico solo se possiamo amare liberamente e lasciarci amare liberamente. Durante una guerra, poi, penso che questa necessità sia diventata improvvisamente più urgente».

L’urgenza di amare, ma pure di raccontare una storia presentandola ai lettori in un momento difficile, nel quale non si può pensare alle presentazioni e agli eventi aperti al pubblico. «Negli ultimi mesi i social si sono rivelati una vera manna. Abbiamo avuto l’occasione di scoprire nuovi modi per comunicare il nostro lavoro, per raggiungere i lettori, per sentirci comunque vicini. Per sentirci una comunità. Le dirette Istagram o Facebook, ad esempio, sono diventate una specie di presentazione 2.0. Chiunque può seguirle ovunque si trovi, scegliendo in che momento della giornata dedicargli la propria attenzione. Credo che alcune modalità sperimentate in questo periodo rimarranno. Certo, non nascondo che le presentazioni in presenza, il poter guardare negli occhi le persone che hanno letto (e magari amato) una tua storia, non ha eguali. Quando ci si riunisce e si parla e ci si confronta, accade sempre una specie di magia».


* Paquito Catanzaro lavora come addetto stampa della casa editrice Homo Scrivens e come insegnante di ludoteatro in una scuola materna. Coordina il blog Il Lettore Medio e ha una passione smodata per le figurine dei calciatori Panini. Ha pubblicato tre romanzi e una raccolta di racconti sul calcio.