Storie di talenti sprecati. La caduta dei Campioni

di Paquito Catanzaro*

La solitudine dei numeri uno.
Mi sia concessa la riscrittura di un popolare titolo per raccontare in un endecasillabo – contate pure se non vi fidate – “La caduta dei campioni”, il volume curato da la redazione de L’Ultimo Uomo edito da Einaudi.

Dieci storie di sport che parlano di atleti – nella maggior parte dei casi calciatori – che in modo troppo frettoloso hanno visto compiersi la propria parabola sportiva. Picchi raggiunti in età giovanissima e la totale incapacità di dare continuità al proprio operato limitandosi a limitati, e talvolta irritanti, sprazzi di talento puro.
Come nel caso di Adriano Leite Ribeiro, il centravanti dell’Inter e della Roma (giusto per citare due squadre), capace di fulminare il portiere del Real Madrid Casillas all’esordio italiano e di perdersi nella nebbia alcolica della propria depressione. La perdita del padre, una fragilità emotiva nascosta sotto il peso dei muscoli e della popolarità o, più semplicemente, un’indolenza che lo ha portato a esprimersi sempre al di sotto delle proprie capacità. Discorso più o meno analogo per due funamboli del calcio come Antonio Cassano e Domenico Morfeo: accomunati dal peregrinare in giro per l’Italia – per Fantantonio addirittura una tappa a Madrid nel Real allenato da Fabio Capello – con un carattere ribelle a far da zavorra e a oscurare un talento mai messo in discussione. Tuttavia discutibile, per entrambi, il pessimo rapporto con gli allenatori, i compagni di squadra e delle piazze pronte a osannarli ma pure a crocifiggerli in caso di errori.
Errori, tanti, quelli compiuti da Marco Pantani. O forse no. Perché il Pirata ha commesso l’unica leggerezza di lasciarsi andare alla solitudine nel momento in cui, probabilmente, esternare il dolore e la frustrazione gli avrebbe, per lo meno, permesso di raccontare la sua storia ai posteri. Invece resta il mistero per la morte di un ragazzo poco più che trentenne divenuto leggenda non tanto per le imprese sportive – da inserire comunque nei volumi di Epica – quanto per vicende umane che tolgono al ciclista l’aura di campionissimo con cui avevamo imparato a convivere.

Da amante della narrativa sportiva non posso che promuovere a pieni voti un’antologia che racconta dieci atleti nel momento più delicato della propria vita. E non mi riferisco solo a quella sportiva: Bojan, promettente attaccante del Barça di Guardiola, deve fare i conti con la gestione del panico; Andrea Bargnani, uno dei cestisti italiani più famosi dell’ultimo ventennio, vive il dubbio di cosa farsene dei milioni di dollari accumulati negli anni d’oro dell’NBA; Rūta Meilutytė, promettente nuotatrice rumena, sfiora la depressione quando in vasca non trova l’avversaria di sempre.
L’Ultimo Uomo regala al lettore delle storie ruvide, nelle quali non vi è spazio per i successi, gli autografi e i trionfi. È un volo in picchiata, attirati al suolo dalla forza di gravità e dalla necessità di confrontarsi con se stessi prima di dar la colpa agli altri, all’immaturità oppure al destino cinico e baro. A barare sono stati – talvolta – gli stessi protagonisti delle storie, incapaci di sentirsi campioni se non nel momento in cui sono caduti illudendosi di esser diventati dei.


* Paquito Catanzaro lavora come addetto stampa della casa editrice Homo Scrivens e come insegnante di ludoteatro in una scuola materna. Coordina il blog Il Lettore Medio e ha una passione smodata per le figurine dei calciatori Panini. Ha pubblicato tre romanzi e una raccolta di racconti sul calcio.