This hard land. Sulle strade di Springsteen. Il richiamo del Boss.

Resta forte ed affamato, resta vivo se puoi
E raggiungimi nel sogno di questa dura terra

Potremmo definirlo il richiamo. Il richiamo di Springsteen. E non si può spiegare in altro modo che così: il Boss quando sale su un palco… non lo fa solo per cantare. Lo capiamo quando imbraccia la sua chitarra, mette al collo l’armonica, chiama la sua band a fare casino o intimamente si concede a decine di migliaia di persone che in quel momento sono lì per lui ma non soltanto per lui: sono lì per cercare nelle sue parole un senso, il richiamo. 
Un richiamo a resistere e a vivere. A faticare mantenendo una dignità. A restare umani senza snaturarci. Lui è tutto questo e quando lo capisci entri in una bolla invisibile, ma piena di altra gente come te che ha capito tutto e che sente quello che senti anche tu. Non soltanto musica, ma un richiamo. A essere migliori ogni giorno di più, a resistere per conservare la miglior versione di noi stessi. Ogni giorno di più. 

This Hard Land 

Bisogna aspettare la notte per sentire la voce di una città che piange. Bisogna aspettare la notte per incontrare un certo tipo di deragliati eroi, per vedere demoni e fantasmi circolare liberamente per le strade. E guarda caso eroi, fantasmi e demoni sono esattamente le creature che più attraggono Springsteen. Basta sfogliare i testi delle sue canzoni, uno dopo l’altro, per scoprire una verità inconfutabile: a dispetto di quell’abbagliante immagine da guerriero di ogni battaglia, da lucifero portatore di luce, la stragrande maggioranza delle sue canzoni è ambientata di notte. Anzi, interi dischi sono ambientati di notte. Dunque la sua arma nascosta è l’ambiguità, l’ingannevole e onirica opacità della notte, perché solo lì può parlare il linguaggio dei sogni, liberare i demoni come animali selvaggi tenuti troppo a lungo in gabbia, è il momento in cui la realtà si fonde e confonde coi suoi simboli, è il momento in cui i fantasmi reclamano al mondo dei vivi il loro diritto di cittadinanza.

Parafrasando la celebre frase potremmo dire che il mondo si divide in due: chi legge il mondo con gli occhi di Bruce Springsteen e chi non ha ancora iniziato a farlo. Per questo abbiamo chiesto a tre grandi appassionati di Springsteen di scegliere tre immagini dal libro fotografico This Hard Land (foto di Daria Addabbo e commenti di Gino Castaldo) e di raccontarcele, facendo altre foto, interpretandole e raccontandoci un un po’ di loro, facendo uscire quel richiamo.

Manuela F.

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Dalla luce americana alla luce italiana. Chissà se hanno realizzato il loro sogno o se ci hanno rinunciato. Io l’ho sognato, l’ho inseguito. Adesso, a quarant’anni, è diventato realtà, riprendendo i libri in mano e varcando la soglia dell’Università. “Talk about a dream, try to make it real.” La foto che ti mando è l’ingresso della facoltà di Lettere e Filosofia di Tor Vergata.

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Edoardo P.

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Ho scelto questa foto perché Bruce è un uomo che, nonostante abbia raccontato di viaggi e di esperienze memorabili, continua a rimanere profondamente legato alle sue radici, al punto da vivere ancora oggi a pochi passi dalla sua casa natìa. Dalle finestre sembra ancora di scorgere l’ombra del padre, seduto in cucina a trangugiare birra. O Bruce stesso che, al piano di sopra, si mette allo specchio e prova le mosse di Elvis, appena visto in TV. Quest’altra foto è stata scattata il 16 febbraio 2017 a Brisbane, a 16.000 km dalla città in cui abito. Eppure, in quel momento, mi sentivo a casa.

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Matteo V. 

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…la luce livida del neon e il doloroso ossimoro delle scritte “vestiti da sposa” e “riparazioni”: è lì tutto, anzi no, metà del mio Springsteen. Perché poi c’è l’altro lato: l’amarezza e la rabbia che si sfogano nel sudore e nell’urlo del r’n’r (il Boss non si piange mai addosso), in una corsa che però non può che portare daccapo al…