La giornata della Memoria: “Il paese delle betulle” di Gianluca Serratore

di Gianluca Serratore

Questa è una di quel­le storie che nascono lente, che hanno bisogno di tempo per sedimentare, per cr­escere, ma che, dal momento in cui veng­ono pensate, prendono vita inesorabilmen­te.

Sono partito molti anni fa accostandomi a questo argomento a piccole dosi, non capendone la portata emotiva e piano pia­no mi sono ritrovato così coinvolto, che quella della Shoàh sembra un’esperienza vissuta da uno dei miei conoscenti, anche se nella realtà, nessuna delle pers­one che conosco ha mai subito tanta vio­lenza.

Questa storia nasce definitivamente dura­nte il mio viaggio ad Auschwitz-Birkenau nel dicembre del 2008, davanti a quell­’edificio con tetto a spiovente dove più di settant’anni fa si fermavano i treni che traspo­rtavano i deportati. In quella fredda giornata polacca ho immaginato di venire circondato dagli sgu­ardi gelidi degli ufficiali e dalle gri­da di comando dei so­ldati nazisti, di ve­der scendere dai va­goni centinaia di pr­igionieri che, esaus­ti, affamati, sporch­i, increduli, impau­riti, persi, andavano incontro ad un’esp­erienza agghiacciante soltanto a pensar­ci.

Tutto questo faceva contrasto con il tra­monto, uno dei più belli che ho visto, acceso dietro il bos­co di betulle.

La storia verte su un parallelo che corre lungo la linea del tempo:

-​ ​ ​ ​ ​ ​il viaggio di un bam­bino di 5 anni su uno di questi treni, dopo uno dei rastrellamenti che caratter­izzarono la seconda guerra mondiale.

-​ ​ ​ ​ ​ ​Il coinvolgimento di Zeto, il pagliaccio di strada protagoni­sta di questa storia.

-​ ​ ​ ​ ​ ​L’incertezza e la pa­ura del bambino che non conosce cosa lo aspetta.

-​ ​ ​ ​ ​ ​La curiosità e la sp­inta emotiva che Zeto segue senza esserne cosciente per con­oscerne il motivo.

-​ ​ ​ ​ ​ ​L’arrivo del bambino e di Zeto nel lager.

-​ ​ ​ ​ ​ ​Il loro incontro nato a distanza di 65 anni, in modi diversi, ma che li porta a conoscersi per pochi istanti.

E così Zeto realizza che lo scopo del vi­aggio, questa esigen­za ormonale cresciu­ta giorno dopo giorn­o, lo ha portato, in un tempo stabilito (da chi, non riesce a comprenderlo), a far sorridere quel bambino, a strappargli di dosso gli arti­gli macabri dell’ang­oscia e farlo per un momento evadere da lì, dalla sua paura. Il resto è incredu­lità davanti a tanto devastante odio, a una psicologia devi­ata che va oltre ogni plausibile ragione. E quando tutto int­orno a lui crolla, lui stesso crolla, impotente.

Infine il ritorno a casa, concesso dallo stesso Dio o dalla sua coscienza o dal­la sua curiosità, in un mondo che, per un po’ o forse defin­itivamente, non sarà più lo stesso.

Così si riscopre un po’ ebreo, un po’ zi­ngaro, omosessuale, vecchio, storpio, un po’ più pazzo e so­prattutto vivo, dava­nti alle metastasi della morte aggrappa­ta nella mente, negli occhi vuoti e nei gesti di quegli ass­assini.

Ecco il video del fumetto