Più dell’ipocrisia, uccide il mare,
Spietato e veloce
Ti sovrasta e soffoca
E più ti agiti e meno speranze ti restano
Giusto un miracolo
Il tuo corpo cola a picco, la vista si annebbia e nel giro di pochi secondi perdi i sensi. Di lì a poco i tuoi polmoni si riempiranno di acqua e sarai morto.
Un ufficiale di marina mi ha raccontato che qualche anno fa venne mandato a trascorrere l’estate su una nave; aveva il compito di pattugliare le coste del sud della Sicilia, in cerca di barconi. E di corpi. Fu mandato lì per punizione. Per aver attaccato verbalmente un suo superiore. Passare luglio e agosto in mare a cercare cadaveri è una punizione per le teste calde. È stato lui a spiegarmi come funziona: nelle prime 24 ore dopo l’annegamento la pressione gonfia gli organi interni e il volume del tuo corpo raddoppia, forse si triplica. Sei una piccola mongolfiera deformata. Esanime, in balia della tua leggerezza e delle correnti. Ci sono delle possibilità che tu possa tornare a galla e se accade allora per il tuo corpo c’è poco da fare. Il sole e il sale ti consumano. Gli uccelli e i pesci ti mangiano. Nel giro di 36 ore se nessuno ti avvista e ti recupera di te non resterà più niente. Soltanto ossa destinate a colare nuovamente a picco. A volte la nave di questo ufficiale qualcuno lo avvistava. E a lui nemmeno trentenne toccava ordinare a un subordinato quasi prossimo alla pensione di recuperare il cadavere.
Mai il ritrovamento di un vivo, proprio mai.
Giusto un miracolo.
E più ti ti agiti e meno speranze ti restano.
Ti sovrasta e ti soffoca.
Spietato e veloce.
Più dell’ipocrisia, uccide il mare.
Immigrazione è il saggio di Raffaella Cosentino, con i contributi di Emma Bonino, Daniela Pompei, Pasquale Ferara e Michele Zanzucchi edito da Città Nuova.
Soltanto nel 2015 almeno quattromila persone hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa attraversando il mediterraneo con mezzi di fortuna e tra questi si stima che ci siano stati almeno 700 ragazzini.
Ma siamo realmente consapevoli di quello che sta accadendo pochi chilometri al largo delle nostre coste?
Quella dei criteri di notiziabilità è una teoria giornalistica oramai piuttosto datata ma nella sua sconcertante semplicità ha sempre ragione: Un aereo che precipita nel centro di Roma vale più di un aereo che precipita al confine tra Cambogia e Vietnam, così un italiano che perde la vita all’estero fa più notizia di cento nordafricani affogati. Anche se l’Italiano è scomparso nella più remota regione russa e i cento morti sono affogati a pochi metri dalle coste di Lampedusa? La risposta è sì.
Col suo libro, Raffaella Cosentino chiede che davanti al momentaneo choc mediatico post naufragio non si resti inermi e che l’attenzione per uno sbarco o una morte non durino il tempo di un servizio del tg, non dobbiamo assuefarci a certe notizie, non dobbiamo consentire che diventino routine, perché se un bambino morto su una spiaggia è stato trasformato in un’icona senza che nulla però cambiasse allora è evidente che c’è ancora tanto da lavorare, culturalmente e socialmente, come stato e come individui.
Il libro si chiude con un capitolo-glossario dal titolo Le parole delle migrazioni: e tra queste parole compaiono termini come Ius Soli, rifugiato, profugo, Legge Bossi Fini e CIE. Spesso, anche tra i politici e i giornalisti si fa confusione: quanti deputati saprebbero dare la definizione esatta, per esempio, di profugo, migrante e rifugiato? Una lettura di questa appendice, ma di tutto il libro in generale, non farà di certo male a nessuno, figuriamoci poi agli addetti ai lavori.