Vivo di libri, non c’è dubbio che io sia una lettrice compulsiva, anche se passo periodi in cui li osservo e basta, incapace di trovare in qualsivoglia storia o genere, qualcosa che mi travolga.
Sono sempre in attesa e in costante ricerca di meraviglia, di stupore, di persone e cose che mi stupiscano, che non siano già una pappa pronta o delle e dalle quali già sai cosa aspettarti. I libri sono una compagnia fondamentale per me, ma ci sono così tante varianti di meraviglia che soffermarsi “solo” su quelli (per carità, per quanto mi riguarda quel solo racchiude già l’80% abbondante di nutrimento necessario) ci si preclude quel po po di bellezza che, quando sai dove cercare e vedere, riesce quasi a non farti sentire così deforme in mezzo al mondo, ed esso stesso assume quelle sfumature che ti colgono di sorpresa, gli angoli si smussano e d’improvviso svoltando ti trovi davanti qualcosa o qualcuno che quasi quasi scambieresti per delle ore di lettura, ci ritrovi quei colori autunnali che pensavi che mai avresti trovato o condiviso con chichessia, ci respiri dentro e scopri che forse il profumo dei libri e di torta di mele e cannella non è l’unica fragranza che ti fa bruciare l’anima di passione.
Esiste un caleidoscopio di meraviglie dicevo, ed una che sa mettermi sottosopra tanto quanto delle pagine ben scritte è la fotografia. Quante foto iconiche ci hanno ispirato, foto che esprimevano più di mille parole o prosciugavano totalmente i lessici del mondo. Foto capaci di smuovere popoli, tanto quanto i discorsi con parole sapientemente cucite assieme. Quante immagini scattiamo quotidianamente con gli occhi in primis, cercando poi con la tecnologia di trasmettere agli altri la forza, la meraviglia e la bellezza che ci abbiamo visto dentro? E poi, quando cerchi, come me, di estendere quella bellezza, che con ingenuo desiderio di non perderla abbiamo confinato in uno scatto, di tramutarla in parole, tentando di cogliere quello che il corpo, l’anima e il sentire hanno percepito attraverso l’occhio, ti ritrovi a volte davanti a un’impresa alquanto ardua. Ed eccoti, che ti trovi a spulciare secoli di letteratura, fra quell’immensità di definizioni che tutte le epoche hanno usato per descrivere cotanto incanto, quel prodigio che sa essere la natura, l’uomo, quando coltiva il suo lato umano e si rende capace di quelle opere immortali che ancora oggi ammiriamo senza fiato.
Ecco, quando vedo uno scatto capace di sopraffarmi arriva la piena delle parole che con pazienza cerco di amalgamare per creare la cornice di quel istante catturato, bloccato nel tempo.
La foto che fa da musa a questo testo è un dettaglio sublime e fa da incipit visivo a questo sciame di pensieri con il quale cerco disperatamente di raccontarvela.
Questa immagine soave evoca in me, di primo acchito, pensieri di tempi e mestieri perduti, nella finità di un tempo che però non dimentica.
C’era una volta un ruolo antico, nella mia amata Napoli si chiamava ‘o lampiunaro, che girovagando nelle strade della città, gestiva il perpetuo susseguirsi del giorno e della notte.
Poi chi non correrebbe subito ai pensieri d’infanzia e alle scene del film di Mary Poppins e dei lampieri ballerini e canterini.
Ma qui non siamo a Londra o a Napoli, ma sulle oniriche calli di Venezia. Un colpo d’occhio, un particolare che cattura la nostra attenzione, uno squarcio di bellezza, un’emozione, uno scatto: e luce fu.
Catturata quasi magicamente, sì magicamente, perché non è ancora buio a Venezia, e non è una lampadina o un’antica fiammella a riversare la luce. No no, è il sole che volto al crepuscolo si sofferma e si fa catturare da un occhio sensibile alla meraviglia, e così facendo ci fa dono di luce, ingannando ancora un po’ l’avvento della notte. Un lampione, un riverbero di luce come un monito, ispirazione, necessità. Anche il sole decide di abitarlo per un attimo, quasi per ringraziarlo del coraggio con il quale si accinge a squarciare il buio, in quelle ore in cui la stella più luminosa, si infila sotto la coperta dell’orizzonte, in uno spettacolo mai uguale.
E noi quanto coraggio abbiamo? Di quanta luce siamo capaci quando incombe l’oscurità? Cos’è che ci fa decidere di essere luce in un mondo, fatto spesso, di tenebra?
Un’immagine vale più di mille parole a volte, e questa sa quasi di eroismo, di temerarietà, audacia. Esempio di un’arte antica, l’arte di rischiarare laddove e quando più serve.
Perché bisogna essere coraggiosi per illuminare le ore più buie e come quei lampioni, resistere con risolutezza, e poi con incrollabile speranza, attendere il ritorno di un’altra meravigliosa alba.
Dettagli. Vi auguro di vederli in ogni dove e che possano far nascere in voi quei fondamentali attimi di meraviglia. Senza sosta, no vi stancate mai di sentirli con ogni senso, fatevi illuminare. Che siano libri, immagini, persone o cose, che siano di passaggio o che rimangano per sempre in qualche sentire, fatevi travolgere, assaporatene ogni essenza e lasciate scorrere la loro magia.
E ricordate sempre che il buio non esiste, esso è solo assenza di luce.
Dubravka Dacic
Immagine: Carlo Evangelisti