Dubi in certezze: le possibilità delle parole

Amo scrivere. É un dato di fatto. É altresì una responsabilità. Impone dei presupposti necessari, fondamentali, presupposti che sono essi stessi la base per poter svolgere questa passione: le parole.

Da quando abbiamo iniziato a farne uso il nostro modo di esistere è cambiato per sempre. Abbiamo iniziato a definire il mondo che ci circonda, non esiste cosa alla quale non si possa attribuire una parola, un significato, una definizione. Producono suoni quando le facciamo uscire dai nostri pensieri, si compongono in armonie che trasportano idee, opinioni, convinzioni, nel costante desiderio di comunicare tutto quello che siamo e di ascoltare il tutto (se siamo abbastanza coscienziosi per imparare a farlo) che dimora al di fuori di noi.

Le parole, che conquista immensa. Eppure portano con se un compito greve: la responsabilità per cominciare. Dovremmo, o meglio dobbiamo essere responsabili dell’uso che ne facciamo. É un dono che porta con se la necessità del rispetto, quel rispetto che gli dobbiamo e che ci permette di usarle responsabilmente. Per farlo dobbiamo impegnarci ad averne conoscenza, e per poterle usare in quei modi che le elevano alle altezze che meritano, dobbiamo innanzi tutto conoscerne il potere distruttivo. Se non impariamo a discernere i loro poteri, fra profondità e altezze, fra tenebre e luce, fra turpitudine e bellezza, non dovremmo allora farne uso laddove possano essere udite.

Bisogna prendere conoscenza dei loro limiti e del loro immenso potenziale.

La protagonista di questa lettura straordinaria, impara fin da piccola quanto la storia abbia plasmato nei secoli le parole e il loro significato, quante anche ne siano andate perdute. Ispirato dalla vera storia della creazione dell’Oxford English Dictionary questo libro è un’ode all’importanza delle parole e dei libri. Come scrive la stessa autrice, “questo libro è nato a partire da due semplici domande: le parole hanno significati diversi per gli uomini e per le donne? E, se li hanno, è possibile che si sia perso qualcosa nel loro processo di definizione?”

Dalla storia della prima edizione di questa immensa opera, sembra che tutti i curatori e la maggior parte dei volontari fossero uomini.

L’autrice allora si domandò: “dove sono le donne in questa storia, e ha rilevanza il fatto che siano assenti?”

Lei decise che aveva eccome una rilevanza, il che poteva significare che questa prima edizione “era tendenziosa, privilegiando le esperienza e la sensibilità degli uomini. Uomini di una certa età, bianchi e di epoca vittoriana, per dirla tutta.”

Un libro avvincente, un inno alle donne e alle loro parole, ai loro significati, a una storia che ci ha sempre viste ai margini, secoli di definizioni che spesso si perdevano in pensieri grossi come pozzanghere, escludendo fuori da quel mondo privilegiato, oceani di espressioni, contenuti, accezioni, che non essendo ammessi, venivano esclusi dalla storia, come è capitato spesso anche alle donne, dove ancora oggi, certe parole assumono un peso e un significato totalmente diverso quando oscillano fra maschile e femminile.

Una lettura che pagina per pagina delinea l’importanza dell’inclusione, dove una singola parola può generare un senso e un valore molto diversi, e che mutano con i tempi. Di un’epoca credo si capisca molto di più osservando le parole che non si usano, piuttosto che da quelle sbraitate che sentiamo in continuazione fra televisioni e cellulari. Viviamo nell’epoca delle emoji e mi domando cosa si capirà di queste generazioni che lasceranno in eredità un mondo di faccine e emoticon. Generazioni che non sanno cosa sia la carta stampata, o il profumo di una libreria. Un mondo dove torna a predominare l’analfabetismo e dove le immagini sono l’unica forma di comunicazione comprensibile.

Ci hanno tolto il tempo, quel tempo che invece la tecnologia doveva regalarci. Oggi invece il nuovo trend e non avere più tempo, mentre siamo succubi di quel sviluppo che Pasolini ben distingueva dal progresso. Il tempo che manca e che corre via veloce non ci permette di certo di “sprecarne” a dare nuovi significati a parole che ci hanno insegnato a mettere da parte, a dimenticare, perché non fanno più moda, non producono, ci tolgono quel tempo che serve a loro e a quella terra sulla quale ci dicono di esistere ma insieme alla quale non viviamo più.

Quante parole in meno di due pagine e altrettanti significati che ne richiederebbero altre mille. Ogni parola con il proprio significato, la propria etimologia, la propria trama, che però si lega ad altre, creando e definendo la storia, l’umanità, il mondo.

Rallentare, ecco con quale parola voglio concludere la lettura consigliata di oggi, rallentare per imparare a conoscere, comprendere conoscendo, ampliare comprendendo, crescere ampliando, diventare più umani crescendo, includendo diventando più umani, tutti i possibili significati, tutte le possibilità delle parole, tenendo sempre bene a mente l’enorme responsabilità che ne deriva, nel usarle sempre per costruire proprio perché la storia ci ha insegnato di quanta devastazione siano capaci se le usiamo senza rispetto.

Perciò concludo chiedendo scusa a quelle parole che avrebbero meritato più spazio e che necessitano di pensieri ampi che una rubrica settimanale difficilmente potrebbe contenere, ma che andavano prese in causa, parole che ho solo sfiorato con il pensiero ma che spero possano accendere in voi il desiderio di conoscerle più profondamene, di interrogarvi sul loro significato e peso specifico che possono avere per voi.

Buona lettura amici.

Titolo: Il quaderno delle parole perdute
Autore: Pip Williams