Dubi in certezze: l’audacia delle cose che iniziano

La vita sta lì, alla portata del salto che non facciamo”.
~Julio Cortazar~

Eccoci qui cari lettori, a questa nuova partenza. Un tuffo nelle passioni che più amo: le parole, che siano scritte o già pronte da leggere.
Vi avevo detto che vi avrei parlato dei nuovi inizi e come sempre le parole sono scivolate sulla carta come quei sassolini lanciati sulle inermi superfici d’acqua, dove rimbalzano con leggerezza e levità, diffondendo a ogni tocco leggere increspature, per ampliare quella superficie ma sopratutto la superficialità, per poi finire nelle profondità, dei pensieri, dei gesti, degli attimi che cambiano una vita, riportando infine la quiete anche se solo da di fuori, su quello che appare, ma mutando per sempre i paesaggi più nascosti dei nostri abissi.

Il tutto, a un passo di distanza. Gli inizi ci aspettano tutti lì, a quel passo di distanza che non facciamo. A differenza del silenzio che ci inchioda dove siamo, gli inizi fanno rumore. Il silenzio nel quale ci troviamo, a un passo da qualcosa, non è che sia privo di suoni, ma semplicemente non gli è rimasto molto da dirci. Tendiamo l’orecchio, siamo attratti da quel confuso sciabordio, non riusciamo a vederne bene la sorgente, non siamo in grado di percepirne i confini, la frequenza è incerta. Vedo un inizio di ciò che potrebbe essere, provo a immaginarmi il suo sentiero sotto i miei passi sicuri. Ma sono ancora li, a un passo da quel cammino, pretendendo di vederne la meta, e invece mi sto precludendo il viaggio e tutta la meraviglia che esso comporta.

L’inizio sta in quel piccolo atto di coraggio, quel momento in cui perdiamo il controllo sul nostro equilibrio, ci sbilanciamo, e con quel misto di paura e audacia facciamo quel passo in avanti, alla ricerca di una nuova armonia. Quanti inizi, quanti sentieri abbiamo intrapreso nelle nostre vite, quante volte ci siamo trovati alla fine di qualcosa, e in mezzo a quel timore e tutte le nostre insicurezze, abbiamo pensato che invece avrebbero potuto essere epiloghi travestiti da nuovi inizi.

Quante volte ho cambiato? Quante volte mi sono chiesta se anche stavolta troverò dentro di me il necessario per intraprendere strade sconosciute, per iniziare ancora e ancora, a vivere luoghi sempre nuovi, a riposare su cuscini ai quali non sapevo, se fossi riuscita a dare, la forma dei miei sogni. Esistere a un passo da, presuppone il dover lasciarsi andare e lasciar andare: sofferenze che fanno parte della felicità di ieri, sapendo che nel visibilio di domani troveremo le rimembranze del dolore di oggi. Emozioni, non solo passi, che aspettano di essere ascoltate, per divenire il carburante del nostro avanzare.

Il Professor Galimberti dà una definizione sublime a questa delicata convivenza tra sostantivi e interiezioni così profondamente distanti ma complementari. Emozioni che sono la forma stessa delle nostre impronte nel tempo, del nostro incedere verso. Diceva: “La felicità non premia la virtù, così come il dolore non punisce la colpa. Questa mancanza di consequenzialità fa apparire felicità e dolore spietati giochi della sorte: “La cecità con cui il dolore colpisce e pari alla gratuità con cui la felicità è assegnata“. Per questo si teme la felicità e si interroga il dolore. Ma proprio questa aleatorietà dell’accadere genera quella saggezza dell’esistenza consapevole che la felicità non è mai sicura, così come il dolore non è mai definitivo. Entrambi accadono quando accadono e sono sottoposti alla signoria del tempo che non consente di morire né di dolore né di felicità. Il tempo, infatti, ci fa sopravvivere al dolore, così come inesorabilmente consuma la felicità.”

Quante volte lo abbiamo incontrato, il tempo, un luogo e le emozioni vacillanti tra la speranza della felicità e l’esitazione del dolore, che ci tiene fermi alle soglie, degli attimi, dei cambiamenti, dei sogni, con il nostro timore che si appoggia tremolante al bastone della speranza, sospesi davanti a quel passo. È vero che siano legati alle nostre scelte attraverso le quali i nostri passi ci conducono, ma valiamo infinitamente di più dei nostri errori. A un passo da, pretende coraggio e implica un mutamento, sia del paesaggio al di fuori di noi al quale la sicurezza e l’abitudine ci fa aggrappare, ma sopra ogni cosa ci obbliga a rinnovare noi stessi, a cambiare pelle. Un nuovo sentiero, un nuovo paesaggio reclama con forza anche una nostra evoluzione. Vuole vederci crescere.

Fa paura, indubbiamente, ma anche rimanere fermi, a un passo da! Verrà il momento in cui non vorremmo più sapere cosa c’è in fondo alla valle o dietro a una collina. Ma fintantoché non arriva quel momento, coltivate la curiosità anche se timorosi, siate audaci seppur ciechi, sopratutto quando ad offuscare il sentiero vi è la nebbia delle paure e delle insicurezze. E se alla fine quel passo si rivelerà essere stato un errore, ricordate che siamo molto più dei nostri errori, ma senza i quali, mai saremo stati capaci di scoprire chi saremmo potuti diventare.

Non hai bisogno di vedere l’intera scalinata. Inizia semplicemente a salire il primo gradino”.
~Martin Luther King~

Dubravka Dacic

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