Sabato 28 agosto alle ore 21:00 al Festival delle Emozioni di Terracina ci sarà l’appuntamento col vincitore del Premio Strega 2021, Emanuele Trevi.
L’autore parlerà delle sue “Due vite” (Neri Pozza Editore) e delle tante emozioni di questa estate, e non solo…
In dialogo con lui, Stefano Petrocchi, Direttore della Fondazione Maria e Goffredo Bellonci; modera il professor Fabio Arduini.
Vi proponiamo il testo della lettera che l’organizzazione del Festival ha scritto all’autore per invitarlo a raccontare dell’amicizia, delle emozioni e della capacità che hanno le storie di generare la possibilità di un nuovo viaggio.
Gentile Emanuele Trevi,
ora che il Suo “io narrativo” si appresta a scalare Monte Sant’Angelo su cui gli antichi abitanti di Terracina eressero un tempio a Giove Anxur, a Giove senza barba, cioè a Giove bambino, ci vogliamo rendere conto del perché gli uomini raccontino storie e continuino ad arricchirle nel tempo. Storie come la vita di un dio bambino, oppure storie di un’amicizia profonda con due giovani scrittori che ha attraversato la Sua vita, ma che ora, raccontata per tutti, continua ad essere dolce per sé e diventa significativa per tutti.
Noi conosciamo lo sconforto che ci prende e che prende anche il Suo “io narrativo” di fronte alle vicende a volte inconcludenti, a volte dolorose della vita. Fino a pensare che la letteratura non possa far altro che “dare significato al fallimento”. E Lei lo dice molto bene in “Qualcosa di scritto”: “Noi risaliamo continuamente il fiume dell’irreparabile con la vaga, inconfessata speranza di scovare la regola e di scampare il pericolo”.
È vero che la vita può essere irreparabile e ingannevole. Ma ogni tanto inaspettati doni ci vengono recapitati senza contropartite. Doni come l’amicizia o la dolcezza della memoria o la purezza dell’infanzia o il dono di raccontare magnifiche storie.
E così il nostro percorso si può trasformare in viaggio di iniziazione. Si può venire al mondo un’altra volta. Rinascere a volte è indispensabile. E l’arte spesso ne è lo strumento. Si può iniziare un nuovo viaggio e ricucire le due parti del “Visconte dimezzato” tenendo insieme la ragione e le emozioni.
Ogni storia che creiamo è il tentativo di dare significato alla nostra esistenza. Noi siamo un “io che racconta” agli altri e a se stesso. Che quando ha finito di raccontare, racconta di nuovo fino ad identificarsi con questa sua personale ricostruzione delle cose.
Il racconto della sua amicizia con Rocco e Pia è bello e malinconico. Mentre rievoca le sue amicizie perdute Lei ripercorre emozioni profonde e crea nuovi significati. E noi siamo coinvolti nei Suoi e nei nostri significati.
Noi che leggiamo costruiamo e ricostruiamo significati importanti per noi stessi e per la nostra storia. L’arte, tutte le arti compresa quella di raccontare, crea un rapporto emotivo con lo spettatore/fruitore. In qualche modo si stabilisce una sintonia emotiva fra l’opera d’arte e il suo fruitore e questa sintonia diventa capacità di regolare le nostre emozioni come la sintonia emotiva della mamma con il suo bambino è la base di ogni regolazione emotiva.
È questa parte delle sue storie che ci interessa molto a noi che facciamo il Festival delle emozioni. Ci interessa come le storie che racconta regolino i percorsi della Sua vita e come pensa che quelle storie influenzeranno le nostre emozioni e la nostra vita.
Ci dica dunque come la storia di Rocco e Pia, nel raccontarla, ha lenito il dolore della loro perdita. E come le Sue storie daranno nuovi significati alle nostre relazioni.
Un giorno il Suo treno si è fermato ai margini della palude mentre il Suo “io narrativo” cercava un percorso per “la gioia perpetua”. Anche noi siamo fermi e, oltre il promontorio del Circeo, vediamo la palude e siamo in cerca di una condizione emozionale che ci guidi verso un appagamento rigenerante o almeno verso una sostenibile malinconia.
Noi facciamo il Festival delle emozioni. E pensiamo di educare le emozioni superando l’antico metodo platonico della frusta e del morso che l’auriga fermo e pensoso usa con i cavalli imbizzarriti. Noi pensiamo di educare le emozioni con le emozioni o almeno “anche” con le emozioni. Divenendo consapevoli di ciò che avviene nel nostro corpo e nella nostra mente e praticando l’arte che è comunicazione emotiva ed esplorazione emotiva di sè.
Praticando l’arte scopriamo e confidiamo nelle nostre emozioni; ne diventiamo compagni consapevoli e le dirigiamo al traguardo con dolcezza come il fantino stimola il cavallo cavalcandolo e divenendo tutt’uno con il suo corpo. È questo il viaggio iniziatico che vogliamo intraprendere per avere il diritto ad una nuova nascita che definisca l’adulto che saremo. Un adulto che non scamperà il pericolo, ma potrà trovare o creare una regola.
Se può porti un mattone al nostro edificio che forse non potrà essere della gioia perpetua, ma che ci potrà condurre ad un ragionevole e compassionevole appagamento.
Dove e quando
Appuntamento per sabato 28 agosto presso il Tempio di Giove Anxur, a Terracina (LT).
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