Ho appreso della morte di Pino Scaccia pochi minuti fa, leggendo l’articolo di un amico Mirko Polisano che lo ricordava sulle pagine de Il Messaggero.
Giornalista, classe 1946, era ricoverato da settimane in una struttura della Capitale per coronavirus. È stato uno degli inviati della Rai. Ha seguito numerosi avvenimenti, dalla prima guerra del Golfo al conflitto serbo croato, dalla disgregazione dell’ex Unione Sovietica e della ex Jugoslavia, fino alla crisi in Afghanistan, oltre al difficile dopoguerra in Iraq (dove è stato l’ultimo compagno di viaggio di Enzo Baldoni) fino alla rivolta in Libia – scrive Mirko.
Ed io proprio mentre era in Iraq l’ho conosciuto. Seguivo le corrispondenze di Enzo Baldoni che conoscevo personalmente e che in Iraq lasciò la vita. Parlava spesso del suo compagno di viaggio della Rai, raccontava di come si imparavano a conoscere e a rispettare. Enzo scriveva che si annusavano. Quando Baldoni fu rapito e ucciso riversai in Scaccia una sorta di eredità emotiva e quando l’ho incontrato per la prima volta, mentre facevo lo stagista alla Fiera del libro di Roma, mi tremavano le gambe e la voce.
Pino Scaccia viveva ad Ostia, un quartiere dannatamente bello e problematico. Il quartiere dove sono nato. Uno di quei luoghi di cui ti innamori se sei abituato a cercare il bello, dove di solito il bello non si palesa. Proprio come devi fare se il tuo mestiere è fare l’inviato di guerra.
L’ultimo ricordo che ho di Pino Scaccia è di inizio settembre. Stavo presentando il mio libro a un festival letterario a Terracina. Dopo di me toccava a Pino salire sul palco. Lo vidi seduto tra il pubblico ad ascoltare gli ultimi momenti della mia presentazione. Fu bello saperlo lì. A me che 15 anni prima tremavano le gambe alla sola idea di parlarci.
Che la terra ti sia lieve, Pino.
Covid. Morto lo storico reporter Rai, Pino scaccia. Il nostro ricordo.
