Per un nuovo porno

Nel suo libro Postporno (Eris Edizioni, 2020), Valentine aka Fluida Wolf ripercorre velocemente la nascita e le direzioni di quello che va inteso innanzitutto come un “fenomeno fluido, che sfugge a categorizzazioni e definizioni univoche, e non vuole presentarsi come movimento”. Se il Postporno sfugge a qualsiasi tentativo di normatività è in primo luogo perché vuole decostruire un certo immaginario pornografico mainstream che funziona normativizzando e normalizzando pratiche e soggetti. Alla pornografia convenzionale, macchina politica in grado di produrre piacere, desideri, generi e sessualità, in grado di legittimare certe pratiche e scoraggiarne altre, le protagoniste e i protagonisti del Postporno rispondono rinunciando a etichette e scegliendo di partire da loro stesse, dai propri corpi in quanto corpi concreti e politici, in modo da garantire al Postporno una vita proteiforme.

Critica alla pornografia dominante

È a partire dalla critica alla pornografia dominante che Fluida Wolf muove per seguire i luoghi, le pratiche, i soggetti protagonisti di questo fenomeno che si interseca, e non può non contaminarsi, con un più ampio discorso femminista, anti-colonialista, anti-capitalista, con l’intento di «smascherare i codici della pornografia convenzionale, maschilista, razzista e abilista e sovvertirla, sessualizzando lo spazio pubblico, dando voce e dignità sessuale a tutti quei soggetti esclusi, marginalizzati». Sono proprio gli “indesiderabili” (i freak, i corpi grassi, pelosi, iperfemminili, corpi con disabilità, vecchi) a rivendicare nel Postporno un nuovo spazio di rappresentazione e a riflettere sulla radicale politicità di certi immaginari e scenari pornografici, da sempre rivolti all’occhio eterosessuale maschile. Fluida Wolf individua, a partire dalle domande «Qual è il corpo rappresentato dalla pornografia? Perché e per chi appare eccitante?», un primo fattore in gioco nella costruzione di un modello sociale eteronormativo in cui i corpi, stretti nella dicotomia maschile/femminile, sono fortemente gerarchizzati e sessualizzati, i ruoli ben definiti e gli schemi invalicabili. È sperimentazione una delle parole chiave che permette di passare dall’ovvio di codici e pratiche radicate nel nostro tessuto sociale e culturale e che proprio per questo non riteniamo meritevoli di considerazioni, al non ovvio di altri possibili luoghi del piacere e di messa in discussione di desideri. Le pratiche BDSM, i feticismi, i workshop sull’eiaculazione vaginale, le performance di pornoterrorismo, diventano territori privilegiati per una sperimentazione artistica e politica.

La brevità del libro non permette di soffermarsi a lungo sulle implicazioni e di approfondire altre questioni a cui pure Fluida Wolf accenna. È certo che data la natura intersezionista del Postporno sarebbero tante le aree da toccare. Manca per esempio un’analisi del modo in cui un braccio capitalistico come l’industria pornografica si sia aperto, negli anni, anche a pratiche e immaginari propri del Postporno per ridurli a oggetti di consumo. Se la pornografia dominante impone desideri, un suo altro lato non meno tremendo è la capacità di adattarsi contemporaneamente a nuovi desideri – come quelli degli indesiderabili – per “capitalizzarli” (basti pensare, e senza andare troppo indietro, alle centinaia di categorie che si trovano sui maggiori siti pornografici). Ed è forse perché l’autrice cerca di seguire un filo lineare e a volte troppo schematico che non considera che il sistema che lei vede come altamente rigido può all’occasione diventare flessibile, se questo giova alla sua riproduzione.

Ma il libro si presenta fin da subito, anche per una certa radicalità del discorso, più come un manifesto del Postporno che come un saggio esaustivo e rappresenta anche per questo un interessante avvio di discorso, un contributo singolare a un più ampio dibattito.