Il Topolino? Un classico alla Calvino: ha sempre qualcosa da dire.

Ieri durante la versione “live” di A casa tutti bene, in onda tutti i mercoledì e domenica (rispettivamente alle 18 e alle 11) sui social di Zampediverse, ho intervistato lo sceneggiatore Disney Roberto Gagnor. L’occasione è stata utile per fare qualche chiacchiera sul mondo del fumetto in generale e sul mondo Disney in particolare.

GUARDA L’INTERVISTA INTEGRALE SU ZAMPEDIVERSE SHOW

Qualche giorno fa in A casa tutti bene è comparso un articolo del Il Foglio che raccontava Come si fa il fumetto al tempo del Covid. Si parlava anche di te e quindi la domanda d’obbligo è: Come si fa fumetto? 
L’ironia è che si fa continua a fare come al solito. Noi sceneggiatori lavoriamo sempre da casa e anche i disegnatori. Il fumetto possiamo dire che non si sia mai fermato. Magari è cambiato l’atteggiamento. Io ad esempio ho sempre disegnato (male, ride ndr) e su insistenza di mia moglie ho iniziato a mettere online delle vignette. Mi sono costruito una Challenge creativa per evitare di farmi prendere dalla noia.

In quell’articolo si parlava di una tavola di Area15 scritto lo scorso autunno e uscito in pieno lockdown… 
C’è Qua che è in piena crisi sentimentale e allora decide di parlarne con lo zio Paperino. Involontariamente è una tavola che parla anche di questi giorni che è stata condivisa e teittata. Ho fatto una cosa che nel fumetto Disney si fa poco, ho parlato in maniera malinconica e forse ha toccato gli animi delle persone perché è stato letto come qualcosa di vero. In quella tavola c’è un parallelismo con il deposito di Paperone che negli anni è stato preso a cannonate, è stato assaltato, raso al suolo, bombardato, bucato con delle gallerie, ma è sempre lì al suo posto. Con qualche crepa certo, ma si è sempre risollevato.

92462017_10163083227355328_7899987536582279168_n

Parlando di Topolino è inevitabile parlare di linguaggio. Racconta le eccellenze linguistiche… utilizza parole che coinvolgono i bambini e li invogliano a cercare il significato, penso a colubrina, tapino, crapulone, rio destino e al tempo stesso è forse la fotografia letteraria più al passo coi tempi. Pensa a Internet che arriva nelle nostre case e poche settimane dopo a Paperopoli arriva Papernet.
Topolino è un’eccellenza linguistica. Quella delle parole complesse da andare a cercare è una tradizione partita anni fa con i più grandi autori – ma si cerca anche complessità nel linguaggio ad esempio utilizzando la formula delle parodie o delle saghe. Sull’essere al  passo coi tempi c’è una cosa che dico sempre e qualcuno dovrebbe farci una tesi di laurea in sociologia per osservare come in 71 anni di storia il Topolino ha centrato le mode, il cambiamento, il costume. C’è una storia degli anni 90 in cui Paperino fa il portaborse e lì dentro ci ritrovi una foto della politica anni 90.  Il Topolino ha tanti registri in atto contemporaneamente che lo rendono un classico nel senso calviniano del termine: qualcosa che non ha mai smesso di dire ciò che voleva dire.

Parliamo di Topolino nel discorso socio-politico… Ha iniziato Carlo Calenda su Twitter, chiedendosi se Maurizio Gasparri avesse studiato e recuperato dei dati sul Topolino; ha proseguito Massimo Cacciari che ospite di Carta Bianca durante un botta e risposta con Maurizio Belpietro ha testualmente detto: “Se la gente avesse letto qualche libro in più oltre a Topolino, capirebbe molte cose”; per arrivare a Salvini che diceva preferisco il Topolino all’Espresso… da cui poi il tuo tweet. Nell’ultimo anno che è successo?
C’è un luogo comune trasversale che vede  il fumetto come qualcosa di Serie B e di cui vergognarsi. Oggi si fa ancora fatica a vedere il fumetto come un medium. E gli esempi che riporti tu sono la testimonianza che la politica pensa in maniera ancora vecchia.

Magari avercelo un premier che legge topolino… 
Ma certo! Ma anche un premier che sa comunicare, un premier che banalmente conosce Netflix… in questi mesi (ci tengo a precisare che parlo esclusivamente a nome mio) si è comunicato davvero male.

Una volta mi hai detto che per scrivere una buona storia servono originalità, la tradizione, la caratterizzazione dei personaggi.  E allora un gioco sulle caratteristiche di…
Paperino: deve provarci e fare disastri. Non è pigro come abbiamo scritto tante volte. Lui è umanità.
Paperoga:  lui è voler fare le cose senza saperle fare. Paperoga è il vorrei ma posso… ed è un problema. Pensa in maniera troppo laterale. Può essere sul serio il virologo che si è laureato all’università della strada.
Zio Paperone: l’avventura. Lui è quello che ti viene a svegliare in piena notte cavalcando un uccello metallico e ti dice che dovete andare a cercare un tesoro. Un motore di azione. Lui non molla mai.
Topolino: è difficile. Sicruamente è il più facile… da scrivere male. Perché rischi di fare la macchietta del saccente che punta il dito. Ma se prendi un po’ di incoscienza e pensi ai dubbi che può avere… se scavi dentro di lui, magari prendendolo un po’ in giro ce la puoi fare. Scrivere una storia bella di Topolino è difficile, ma poi se ci riesci è una grande soddisfazione.
Pippo: è uno che pensa in maniera diversa. Lui vede le cose in maniera diversa, ma senza malizia. Scrivere Pippo è bello perché ha un pensiero pulito e poi si completa con Topolino. Sono grandi amici perché complementari.