Essere tifosi: dentro l’intestino della società. Zapruder #48

Partiamo dalle cose certe. Le definizioni.
Quello che dovreste avere tra le mani (e se non lo avete ancora speriamo di convincervi noi a recuperarne una copia) è un numero davvero particolare di Zapruder.
Ma prima: cosa è Zapruder? 
Alice Corte – che firma l’editoriale del numero 48 – lo definisce così:

una rivista di storia della conflittualità sociale, nata sull’onda lunga di Genova 2001 dall’associazione Storie in movimento. Dal 2003 cerca di dare uno sguardo critico al passato e al presente con un metodo di lavoro collegiale, che coinvolge numero dopo numero redazione e curatori in un dialogo costante.

Ogni numero di Zapruder è monotematico e questo numero 48 è dedicato al tifo. 

Partiamo dalla convinzione che il tifo sia un terreno su cui i conflitti possono svilupparsi a prescindere dalla zona del mondo e dallo sport che si prende in esame. Pensiamo ai conflitti fra nazionalità e territorialità diverse, conflitti razziali, conflitti politici tra tifoserie o all’elemento del genere e/o dell’orientamento sessuale. Ma il conflitto
è stato anche la risposta a chi ha reso le manifestazioni sportive, e in particolare gli stadi di calcio, laboratori per la repressione e il controllo, da ultimo con la sperimentazione sui dati biometrici allo Stadio Olimpico di Roma.

Il numero di Zapruder monografico sul tifo mi è arrivato parecchio tempo fa. Abbondantemente prima di natale, ma complici un paio di impegni grossi di lavoro, una maratona da correre e un ricovero inatteso (non collegato alla Maratona, ci tengo a specificarlo) mi sono trovato a sfogliarlo con grave ritardo.
Oggi c’è la Lazio prima in classifica, Il Coronavirus sta bloccando il Paese e io sto preparando un’altra maratona (che probabilmente non correrò a causa del punto precedente). Sfoglio il numero in maniera randomica e la mia attenzione e mi accorgo di quanto sia ampia la forbice con cui viene trattato il concetto di tifo in questa rivista così puntuale e desiderosa di raccontare un pezzo di mondo dal suo punti di vista.

Sport e società vanno di pari passo. Così come il binomio tifoso e politica. E il numero di questa rivista ci dice proprio questo. Che esistono delle letture altre che sanno andare oltre il semplice gesto sportivo e il tanto banale quanto fastidioso coro offensivo.

Essere tifosi, essere ultras, significa stare aggrappati con le unghie e con i denti non nella pancia, ma nell’intestino della società. Sentirne tutti i movimenti, gli umori, gli sbalzi. Farne parte come un batterio, forse a volte pure come un tumore.

La mia lettura è stata attenta e casuale. Mi lasciavo guidare dai titoli e dagli autori. Ho iniziato leggendo la storia dello sport e del tifo, ho attraversato epoche dense di fatti che spesso non solo sembra facile spiegare con lo sport (e con il tifo), ma addirittura sembra l’unica strada possibile.

Partiamo dalla convinzione che il tifo sia un terreno su cui i conflitti possono svilupparsi a prescindere dalla zona del mondo e dallo sport che si prende in esame. Pensiamo ai conflitti fra nazionalità e territorialità diverse, conflitti razziali, conflitti politici tra tifoserie o all’elemento del genere e/o dell’orientamento sessuale.

Da segnalare il racconto dell’utente twitter – cito la descrizione che compare nella prima pagina del racconto – famoso per le sue doti critiche e, soprattutto, per la sua verve polemica Zeropregi. Il suo racconto (non vissuto personalmente, ma da un amico si specifica nella premessa) ci porta prima persona alla mattina del derby del Ti amo.  Un pov, un punto di vista letterario che prima di entrare in Sud  ci parla  di una questione da risolvere con un vicino quartiere. Un quartiere nero, un quartiere laziale. Siamo nel 1983 e un racconto del genere può essere ancorato solo a quel momento. Solo a quel periodo storico. Si concluderà con un nulla di fatto. Il ragazzino che doveva diventare uomo lanciando molotov quel giorno farà un’altra scoperta. Vedrà la coreografia più bella di sempre – a detta di molti romanisti – spiegarsi davanti a lui. Tornerà a casa con gli occhi pieni di amore e un ricordo lontanissimo di una mattina che poteva cambiare, in un altro modo, la sua esistenza.

L’indice (parziale) del numero 48

Giuseppe Cilenti
La nascita del tifo. Sport e spettacolo nell’antichità
Mauro Valeri
Il nero, il mulatto e il sinto. Pubblico e questioni razziali nel pugilato
degli anni venti
Lorenzo Giudici
«Così lo vedi cosa succede…». Economia politica e conflitto
nel calcio moderno
Leonardo Teti
Torce, fumoni e striscioni. L’estetica del tifo tra gli anni ottanta e novanta
Cecilia Ferrara
Relazioni pericolose in ex Jugoslavia. I Delije di Arkan dall’assedio di Vukovar
alla caduta di Milosević
Giuseppe Acconcia
Baffi e parrucche. Vivere lo sport in Iran
Ilenia Rossini
«Al fine di infrenare tali teppistici episodi…». Gli stadi e l’ordine pubblico in Italia, 1976-1985
Claudio Dionesalvi
Sconvolti… in un mondo senza senso (a cura di Oscar Greco)
Filippo Andreani
Di calcio, di morte e di altre sciocchezze (a cura di Lidia Martin)
@zeropregi
23 ottobre 1983. Prima di srotolare in curva «TI AMO»